Myss Keta | Dal Motel Forlanini a Sanremo, ascesa di un fenomeno pop

Myss Keta è il personaggio del momento, al punto di meritarsi una partecipazione da protagonista incontrastata al Dopo Festival di Sanremo con Nicola Savino.

Miss Keta, grande successo per l'artista milanese
Myss Keta, grande successo per l’artista milanese

Nell’underground milanese, recentemente, troneggia un nome talmente forte mediaticamente da arrivare al Teatro Ariston nel giro di pochi anni e non come cantante, bensì come conduttrice de “L’altro Festival”, versione aggiornata, riveduta e corretta del classico Dopo Festival, insieme a Nicola Savino (anche lui milanese…d’adozione). Stiamo parlando di Myss Keta, la cantautrice, qualcuno azzarderebbe a definirla anche rapper, più curiosa e sferzante del passato recente: lei occupa copertine, invade trasmissioni, suscita invidie perchè alla base del suo successo c’è l’anonimato. Un po’ come Liberato, soltanto che l’artista napoletano è partito dal Sud con velleità prettamente canore. Myss Keta, invece, oltre al canto, si propone come una vera e propria icona di stile e tendenza.

In effetti, vanno per la maggiore non solo i suoi brani, ma anche qualsiasi cosa indossa. Al punto che se ne parla per giorni, settimane e mesi: una delle questioni più dibattute attorno alla sua figura è la maschera che porta in ogni esibizione, non la toglie mai. Nemmeno nelle ospitate o interviste, recentemente ha fatto ballare il capoluogo lombardo la Notte di San Silvestro: all’insegna di una svolta green e solidale verso l’ambiente e i problemi che sta suscitando, la ‘ragazza di Porta Venezia’ ha invitato il pubblico ad una maggiore coscienza ambientale. Una sorta di Greta Thunberg esaltata, che fa dell’emancipazione il proprio vessillo e del teatro dell’assurdo il suo terreno fertile.

Myss Keta, un personaggio poliedrico e divisivo: genesi ed evoluzione della cantante mascherata

Miss Keta, chi c'è dietro la rapper. Consacrazione di un successo
Myss Keta, chi c’è dietro la rapper. Consacrazione di un successo

La giovane che, secondo stime recenti, dovrebbe avere trent’anni, non si mostra per scoprirsi: è proprio questo ossimoro perenne che l’ha portata al successo. Il primo brano che l’ha portata alla ribalta è “Milano, Sushi e Coca” che racconta la bella vita milanese, una sorta di esaltazione del piacere e non solo: omaggio trasgressivo alla Milano da bere, evoluta e distorta alle soglie del primo Ventennio del Duemila. La canzone è stata, nel giro di breve, fra le più cliccate e discusse su YouTube proprio per la schiettezza, l’avvenenza e la provocante disinvoltura con cui venivano affrontate determinate tematiche.

La giovane, non avendo un volto identificabile in quanto porta una mascherina che le copre i tratti somatici (tessuta con materiale di intimo femminile, ha dichiarato lei stessa qualche tempo fa nel corso di un’intervista a Radio Deejay proprio dal suo amico e collega Nicola Savino), valorizza altro: in primis la voce, tendente a qualunque tipo di apertura vocale, Myss Keta non parla, enuncia qualunque frase con spiccata sensualità e frivolezza al punto da aprire le coscienze e le vocali in maniera disinibita. L’ha definito, per strizzare l’occhio ai giovani, linguaggio CAPS LOCK che sarebbe il tasto in grado di far diventare i caratteri maiuscoli sul nostro pc.

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Una specie di tratto distintivo che porta avanti anche nel brano “Illusione distratta”, secondo dopo il promettente esordio sulla scena con “Milano, Sushi e Coca”. Keta nasce nel 2013, è bene ricordarlo, grazie al collettivo milanese Motel Forlanini con il fine di creare un personaggio artistico che rappresentasse al meglio la sottocultura locale: non in senso dispregiativo, l’intento era – e resta – quello di racchiudere la genuinità lombarda in un corpo da favola alla ricerca di una connotazione visiva che può essere labile e superflua dinnanzi al carisma. Per questo, dopo un inizio di carriera sfavillante in cui quasi tutti non solo sul territorio nazionale hanno cominciato a chiedersi chi ci fosse dietro a quest’aggregante e coinvolgente trovata artistico-musicale, Myss Keta spariglia le carte: nel 2015 esce il suo canto del cigno, ovvero il singolo Burqua di Gucci”, dove si mostra con un Burqua che le copre il viso. Siamo ai massimi della provocazione e della musica trash/pop.

La consacrazione del successo in Rete (e fuori) arriva in tempi record rispetto agli standard, quando sembra aver bruciato le tappe ed esaurito tutte le frecce del suo arco, Keta propone (all’alba del 2016) il suo mixtape: “L’angelo dall’occhiale da sera” in cui strizza l’occhio alla musica anni ’60 e ’70. Nel 2017 l’approdo in “Tempesta Dischi”, dove pubblica il suo primo Ep. È l’inizio dell’ulteriore mutazione di Myss Keta. “Carpaccio Ghiacciato” eleva l’artista da fenomeno paranormale – per così dire – del pop alla legittimazione intellettuale ed espressiva, non solo per merito delle amicizie con Massimo D’Alema e Pippo Civati, ma anche per un modo molto particolare di dar voce ai ‘demoni interiori’ che affliggono una generazione avvolta nell’incertezza ma con la voglia di affermarsi.

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Questa nemesi lei ha saputo trasformarla in catarsi, cavalcando l’armonia e l’imprevedibilità del beat senza perdere di vista le proprie origini: le collaboratrici di Myss Keta, mostrate già nel video “Le ragazze di Porta Venezia”, compaiono in quasi tutti i suoi lavori recenti. Si chiamano Miuccia, Panda, Donatella, la Prada, la Cha Cha e la Iban. Ciascuna, sin dalla presentazione, è un richiamo alle tentazioni femminili dell’hinterland milanese: una sequela di peccati capitali all’avanguardia messi in musica e sulla scena artistica italiana e internazionale.

Myss Keta, infatti, ha anche un seguito estero: il successo fuori dall’Italia è aumentato dopo l’uscita del suo album – sempre sotto Tempesta Dischi – dal titolo “Una vita in Capslock” (2018) capace di rappresentare il potere catartico dell’egocentrismo piegato alle esigenze glamour della comunità. Gli esempi di vita (artistica) della donna sono Madonna, Raffaella Carrà, Lady Gaga e Jo Squillo citati nel suo best seller “Una donna che conta”, in cui racconta le vicissitudini del suo alter ego.

L’opera editoriale anticipa il secondo album della cantante, “Paprika”, uscito il 29 marzo del 2019: il progetto vanta numerosi featuring, da Mahmood a Guè Pequeno, passando per Elodie, Gabri Ponte e Gemitaiz. La sua partecipazione a Sanremo, dunque, non è per niente casuale.

Myss Keta, rievocando maschere e pantomime del passato, ha riportato in auge il mistero della teatralità con l’inganno velato dell’anonimato. L’ultima frontiera del savoir faire piegata alle esigenze del mainstream. Il fine ultimo è il successo con una sfumatura pedagogica e frivola in grado di trascinare i giovani fuori dal loro guscio facendogli riscoprire un mondo nuovo, fatto di glitter e sguardi ammiccanti.

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