“Maledetti Amici Miei”, l’avanguardia del Varietà arriva in Rai

“Maledetti Amici Miei”, in Rai torna di moda il Varietà con un pizzico di rinnovamento in grado di mescolare teatralità e goliardia nella prima serata del giovedì.

“Maledetti Amici Miei”, da un’idea di Giovanni Veronesi (Getty Images)

In principio era il Varietà, poi fu il talent e adesso siamo arrivati all’ibrido. L’intrattenimento di Mamma Rai, negli anni, è cambiato così come sono cambiate le esigenze degli spettatori: agli inizi del nuovo millennio il pubblico sentiva ancora l’esigenza dei one man show, mattatori della comicità in grado di fare spettacolo e cimentarsi in diverse attività che accompagnavano quella dei monologhi. “Stasera pago io” e “Torno Sabato”, rispettivamente con Rosario Fiorello e Giorgio Panariello, sono l’esempio lampante di come la platea sentisse il bisogno di emozionarsi e ridere al cospetto di un unico spettacolo che inglobasse in sé stesso diverse arti analoghe.

Poi, con l’avvento della digitalizzazione, dal 2008-2010 in poi, per intenderci, quando timidamente i social network hanno iniziato a far parte delle nostre vite fino a monopolizzarle, c’è stata l’ipertrofia dei talent show: serate fatte di giudici ed esibizioni, con l’auspicio di far salire tutti in cattedra, dai fornelli al canto, sino alle follie più disparate. L’importante era farlo davanti ad una giuria. Hanno ripescato dal cilindro la pantomima, con “Tale e Quale”, maschere e personaggi al servizio di chiunque fosse disposto a mettere i voti come ai tempi della scuola. Questo meccanismo, tra giudicante e giudicato, funzionava prepotentemente all’inizio perchè dava l’idea al pubblico di potersi esprimere attraverso una schiera di ‘professori’ che incidevano con la loro penna rossa sull’allievo del momento.

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“Maledetti Amici Miei”: la forza dell’intrattenimento incontra il garbo del teatro

I protagonisti di “Maledetti Amici Miei” (Twitter)

Allora entravano in gioco i social, dove il vero divertimento era leggere i commenti durante le dirette: lo stesso Carlo Conti, nel corso della conduzione dello show, catturava quelli più belli e li rendeva noti sul tubo catodico. Un misto crossmediale che, nonostante l’usura del tempo, continua a dare i suoi frutti. Al punto che in Viale Mazzini ci puntano ancora molto.

Tuttavia, gli anni cominciano a passare e certi meccanismi sembrano essere ormai vetusti: i social vengono usati ancora per commentare, ma pare essersi smarrita – parzialmente – quella voglia di giudicare tutto. Almeno in prima serata, dove l’abitudine ormai è quella di mettersi sul divano e commentare (in Rete) le battute migliori (con citazioni e riferimenti) di ciò che vediamo direttamente in televisione.

Rimane la componente crossmediale, ma crolla l’obbligo scenico e architettonico della giuria di qualità: il pubblico torna sovrano e protagonista inconsapevole. Alla soglia del primo ventennio del Duemila. Allora non è un caso che Fiorello torni su Raiuno – e Raiplay (perchè la componente Web, quella sì, è imprescindibile) –, così come che Raidue abbia accantonato momentaneamente talent e reality, per lasciar spazio a nuove forme di intrattenimento.

È il caso di “Maledetti Amici Miei”, creatura del nuovo direttore di rete Carlo Freccero, che ha puntato sullo spettacolo scegliendo quattro cavalli di razza: Haber, Veronesi, Rubini e Papaleo. Accompagnati da Max Tortora, Margherita Buy e qualche ospite d’eccezione. Sembrerebbe aver detto loro: “Fate come volete, basta che portiate ascolti”.

E loro ‘come vogliono’ – per modo di dire, perchè sulla tivù pubblica non è mai così, carta bianca (forse) ce l’ha solo Fiorello – l’hanno fatto attestandosi sul 5% di share che non è affatto male, se contiamo che va a scontrarsi ogni settimana con la concorrenza de “Le Iene” (al 7%) ed “Eurogames” (al 16%) su Mediaset.

“Maledetti Amici Miei” si è ripreso quel pubblico di nicchia, che un tempo rosicchiava “Made in Sud” (pur essendo un contenitore completamente diverso), rivalutando lo show in prima serata. Il programma con Giovanni Veronesi mattatore è un ibrido fluido di suggestioni: si passa dalla comicità, al talk, per finire al teatro e al canto. Da sottolineare, infatti, tra le altre cose, la collaborazione di Paolo Conte e Giuliano Sangiorgi creatori delle sigle di apertura e chiusura.

Da Fiorello a Veronesi e Rubini: in Rai torna il concetto di familiarità televisiva

Lo spettacolo si propone come un omaggio alla spensieratezza dissacrante – mai troppo velata la semicitazione all’opera di Mario Monicelli – per dar vita a un caleidoscopio di emozioni che acquistano intimità nel momento in cui le telecamere indugiano su un condominio (ricreato ad arte per l’occasione) e i ‘fantastici quattro’ dello spettacolo si muovono fra la platea e il palco, che sembra appunto una palazzina, con la naturalezza dei vicini di casa per ricreare quell’atmosfera semplice e gioviale che rimette in pace col mondo per un paio d’ore.

Si è recuperato il concetto di familiarità televisiva, avvalorato dalla partecipazione di ospiti molto legati ai conduttori (da Monica Bellucci a Carlo Verdone, passando per Nina Zilli) con cui dar adito a diverse possibilità di registri e stilemi mischiando alto e basso, comicità e dramma, goliardia e riflessione. Spesso si ha l’impressione d’esser finiti in un frullatore Pirandelliano, in cui i personaggi sono in cerca d’autore, ricco d’improvvisazione e libertà parodistica.

Forse il valore aggiunto di una trasmissione simile è proprio questo: lasciarsi cullare dagli imprevisti, anche se tali non sono, nello spettacolo – teatrale e non – dovrebbe esser tutto programmato e scritto con precisione. In “Maledetti Amici Miei” il lavoro di scrittura e prova è palpabile, ma c’è anche l’abilità degli interlocutori (che si conoscono a memoria) di carpire il buono anche da ogni singolo intoppo: memorabile, nella puntata appena trascorsa, l’incomprensione sull’entrata in scena del maestro al pianoforte nel corso dell’esibizione di Max Tortora. Invece d’essere una macchia, è diventata la scintilla su una macchina perfetta grazie all’atteggiamento dei presenti in scena anche attraverso questo costante dialogo con il pubblico utile ad abbattere tabù e pareti.

C’era bisogno di un’idea simile, poiché “Maledetti Amici Miei” rimette al centro le persone piuttosto che le personalità. Fa spettacolo mischiando vissuto e artificio, forse l’avanguardia del Varietà passa da momenti simili. Certo, non tutti riescono a farlo: Veronesi e soci sì, dal momento che possiedono un tale genio da far rendere appetibile e mai volgare persino il racconto di un sogno erotico. C’è tutto, col giusto mix.

Stavolta la Rai ha gettato il cuore oltre l’ostacolo, dovrebbe farlo più spesso e riformulare programmi del genere contattando interpreti all’altezza, senza quel timore reverenziale che in più di un’occasione nel recente passato ha annacquato format del venerdì o sabato sera. Meglio giovedì gnocchi, il riferimento – tutt’altro che casuale – è a questi quattro amici che volevano cambiare il mondo e al posto del bar hanno scelto un palco.

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