Diritto di voto a 16 anni: opportunità o inadeguatezza?

Torna attuale il dibattito sulla possibilità di far votare i sedicenni, ma davvero il binomio giovani e politica fa così scalpore?

Attivisti in piazza durante i “Fridays for Future” (Getty Images)

Sedici anni. Un’età particolare, un punto di svolta per molti, il picco massimo dell’adolescenza per altri: una terra di mezzo, senza voler scomodare Tolkien, che ha sempre messo a dura prova chiunque. Piuttosto convinti, oggi come allora, di non essere all’altezza. A quell’età vediamo affacciarsi la consapevolezza ma non possiamo sporgerci troppo perché non avremmo, secondo alcuni, gli strumenti adatti per poterlo fare.

La differenza fra l’adolescenza e l’età adulta, nel tempo, non l’ha imposta soltanto lo specchio (che prepotentemente ci mostra l’usura degli anni che segna il nostro volto) ma anche e soprattutto la burocrazia che stabilisce, di generazione in generazione, dei confini che variano entro cui si possono compiere determinate azioni oppure no. La summa di determinati atti dovrebbe portare a vivere secondo coscienza.

Quella parte di noi stessi che è in grado di farci arrivare a pensare d’aver fiducia nei nostri mezzi, giustificati quasi sempre dal fine, che è poi quello di diventare persone senzienti. Ecco perché l’idea del voto a sedici anni torna attuale, poiché – come negli anni Ottanta, passando per il movimento pacifista e quello ambientalista – i giovani stanno prendendo posizione. Molto spesso più di chi dovrebbe farlo, essendo chiamato in causa e sostenuto dal favore dell’anagrafe.

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L’ex premier Enrico Letta: “Facciamo votare i 16enni”

L’ex premier Enrico Letta (Getty Images)

Gli allievi che superano i maestri, forse. Allora l’ex premier Enrico Letta ha lanciato la provocazione e l’idea: “Facciamoli votare”. E via col polverone: favorevoli e contrari in un perenne dibattito aperto, in voga solo fra quelli più vetusti, per capire se questi ragazzi hanno le credenziali adatte per poter compiere un passo del genere. L’esperto in materia, Mattia Vitiello, dell’istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali sottolinea: “La variabile dell’età anagrafica non è l’unica da tenere in conto. Ci possono essere 25enni con minore consapevolezza politica”.

Infatti dipende tutto dalla voglia e dalla possibilità di tenersi informati sui fatti che contraddistinguono la nostra quotidianità fra cui l’agenda politica, approfondendo ogni spunto con senso critico e approfondimento. Interessarsi a concetti come l’educazione civica non può che essere un valore aggiunto agli oneri e onori che ciascuno possiede.

Curiosità e interesse per ciò che avviene intorno a noi: un concetto che, qualche tempo fa, strideva con l’assunto di gioventù ma soltanto perchè ci si confrontava con stereotipi desueti – seppur ancora rintracciabili nel nostro bel Paese – che ponevano l’accento su altro piuttosto che sulle questioni politiche. A ben vedere, però, come si impara proprio sui banchi di scuola, la politica (dal Greco politikē tekhnē, e cioè l’arte di governare) è in mano ai cittadini. Infatti deriva da polìtēs, che vuol dire appunto cittadino.

Perchè, dunque, limitarci a collocare tutto in categorie così rigide: non esistono, o perlomeno non dovrebbe essere così, cittadini di Serie A e di Serie B. Ci sono soltanto persone vogliose di mettersi in gioco e, forse, è un bene che tra le fasce più giovani d’età risalti quest’interesse forte per la politica attraverso la partecipazione attiva che porta, per forza di cose, alla libertà di pensiero. “La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone. La libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”, cantava Gaber. Dunque è arrivato il momento, e sarebbe anche ora, di colmare gli spazi liberi – e cioè le nostre lacune – che possono esserci indipendentemente dall’età e cominciare a comprendere che il mondo sta cambiando (e continuerà a farlo) sotto i nostri piedi. Quindi serve anche il nostro contributo e la nostra partecipazione per renderlo migliore, forse a 16 anni più che a 40 è ancora viva l’idea che il voto sia una croce da apporre e non da portare.

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