Da “Breaking Bad a “El Camino”: come valorizzare una serie cult senza rovinarla

Il film sequel della serie “Breaking Bad” arriverà l’11 ottobre su Netflix. C’è grande attesa, ma le aspettative di un’opera simile rischiano di rovinare gli esiti di una serie pluripremiata.

Aaron Paul e Bryan Cranston, protagonisti di “Breaking Bad” (Getty Images)

Partiamo dalla fine. “Tutto quello che ho fatto l’ho fatto per me, mi faceva sentire vivo”, ad ammetterlo è Walter White – professore di chimica del liceo di Albuquerque, divenuto spacciatore e produttore internazionale di metanfetamìna dopo aver scoperto di avere un Cancro ai polmoni – dinnanzi alla moglie durante i saluti finali, quando sta per calare il sipario su “Breaking Bad”. Secondo gli Emmy Awards, la miglior serie drammatica che sia stata mai realizzata per la tivù via cavo.

Questo prodotto televisivo si basa, appunto, sul Cancro: malattia, piaga sociale, disfunzione spesso incurabile. In grado di stravolgere la vita di un uomo comune – apparentemente senza pretese – sino a portarlo sulla cattiva strada. Vince Gilligan, scrittore e ideatore della serie, insinua il dubbio (un dilemma che dura per 5 stagioni) che il Tumore non alteri la vita delle persone: semplicemente porta gli esseri umani a mostrarsi per ciò che sono. Bestie.

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Da “Breaking Bad” a “El Camino”: metamorfosi ed evoluzione di un cult seriale

Parte del cast di “Breaking Bad” al Comic-Con 2018 (Getty Images)

Ognuno reagisce in modo diverso, ma Gilligan prende un uomo qualunque che vive una vita ordinaria, che non si è mai posto troppe domande, abituato a vivere le giornate sempre allo stesso modo, a cui una mattina diagnosticano un Cancro ai polmoni: ultimo stadio, inoperabile. Ci sarebbe la chemioterapia, ma restano più dubbi che certezze. Poi i soldi per le cure, il sistema sanitario americano che stritola entro una morsa più asfissiante di una patologia degenerativa, allora l’idea: vivere quel che resta al massimo, che non sempre coincide con il giusto.

Il Male, rappresentato solo metaforicamente dalla patologia, si insinua nei vari personaggi poco per volta. Senza palesarsi direttamente, un’agonia lunga e dolorosa che ci lascia impregnati di scelleratezza. Dunque, episodio dopo episodio, assistiamo alla metamorfosi di ogni personaggio con l’annientamento delle proprie paure: quando si è schiavi dei propri timori, quando si è certi di morire, si azzerano i freni inibitori. Resta, però, lo scrupolo di coscienza: quel barlume di umanità che si rifà sotto nei momenti meno opportuni, allora bisogna trovare scuse – per mentire prima a sé stessi e poi agli altri – che giustifichino comportamenti inappropriati.

Il viaggio che “Breaking Bad” ci fa compiere, conduce negli anfratti più torbidi della psiche umana e mette in contatto i telespettatori – attraverso la figura di White – con quella parte oscura della nostra anima. Sconosciuta ai più, ma familiare a noi stessi. Ce l’ha chiunque, forse è proprio per questo che una serie simile si è rivelata un successo. Poiché esaspera suggestioni reali, non tutti si metterebbero a spacciare Meth, ma ciascuno – di fronte all’inimmaginabile – potrebbe mostrare il lato oscuro di cui dispone.

Ecco perché la serialità può aiutare, in certi casi, rispetto ai film: perché, al pari di un romanzo di formazione, approfondisce ed analizza ogni aspetto collegando ogni carattere col proprio destino. E lo fa guidandoci dentro ciascun passaggio, lasciandoci ammirare la trasfigurazione totale dello scibile umano sino al suo completamento. Tutto questo un lungometraggio non sempre lo garantisce; ce l’ha fatta “Il Padrino”, ma Coppola l’ha dovuto dividere in tre parti. Dato che la natura dei personaggi imponeva un’evoluzione che non poteva esaurirsi in una singola proiezione. Poi basta. Niente sequel, reboot, o roba simile. Una volta terminata la parabola storica, nulla può alterare o ribaltare gli scenari, perché non c’è niente da aggiungere. Ogni cosa ha fatto il suo corso, qualsiasi altro dettaglio risulterebbe superfluo, col rischio di rovinare un capolavoro. La speranza, dunque, è che Gilligan abbia tenuto conto di questo, mentre si cimentava in “El Camino”: il girato che l’undici ottobre arriverà su Netflix e ripartirà dall’ultimo episodio di BB. Ovvero dalla fuga di Jesse Pinkman sulla Chevrolet El Camino nel finale della quinta stagione della serie.

Cosa ci aspetta dopo aver seppellito (artisticamente) Walter White? Lo scopriremo fra qualche giorno in un sequel tanto atteso quanto chiacchierato con l’auspicio di non intaccare quanto di buono e unico è stato creato nelle 5 stagioni precedenti. L’esperimento riuscito con lo spin-off “Better Call Saul”, dedicato alla vita di Saul Goodman, lascia ben sperare. Tuttavia, il pericolo di intaccare un’intelaiatura scenica pressoché perfetta è dietro l’angolo.

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