Tattoo storytelling: racconta la tua storia attraverso i tatuaggi

Il tattoo storytelling è l’arte di riassumere i momenti che ti hanno resa la persona che sei attraverso i tatuaggi così che la tua storia rimanga per sempre impressa sulla pelle.

Fonte: Istock

Non è questione di moda ma di raccontare una storia.

Questo, ci spiegano i tatuatori più esperti, dovrebbe essere l’obbiettivo ultimo dei nostri tatuaggi.

Pezzo dopo pezzo, tattoo dopo tattoo, arricchiamo quel “fotoromanzo” e passiamo da chi siamo stati a chi siamo ora.

Proprio come per un romanzo ben scritto, una storia ben raccontata deve avere delle componenti imprescindibili: l’originalità, innanzitutto, e poi la personalizzazione del soggetto, la convinzione nel volerla raccontare e accettare che essa ci porti un po’ dove vuole.

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Come si manifesta tutto ciò nel mondo dei tatuaggi? Ve lo raccontiamo grazie al contributo di alcuni professionisti del settore.

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Tattoo storytelling: i momenti che ti hanno reso quella che sei sulla pelle

tatuaggio

“Il corpo è come una tela da dipingere e ogni parte del corpo può dire la sua… I modi sono infiniti, dipendono dallo stile, dalla storia, dalle zone del corpo, dalla creatività del tatuatore”

Questo, come spiegato a Amoretti, è il punto di partenza, l’origine del tattoo storytelling, di quel racconto che i tatuaggi, tanti o pochi che siano, grandi o piccoli che siano, vanno inevitabilmente a comporre sulla pelle.

Già perché, che ci piaccia o no, la storia va avanti, si compone quasi da sola e noi non possiamo far altro che prenderne atto e renderla quanto più efficace possibile:

“Raccontare una storia attraverso i tattoo – spiega Paola Currado – per quanto mi riguarda, è la cosa che questi “scarabocchi” su di noi sanno fare meglio. Non è solo possibile, è inevitabile”

In primo luogo una scelta saggia sarebbe non piegarsi alle mode, accettare che un tatuaggio è qualcosa di così personale da non poter esser frutto della tendenza del momento:

“Il tatuaggio è qualcosa di troppo personale – spiega Amoretti – però dalla mia esperienza posso dire che in Italia il 90% dei tatuati segue una moda. E sempre più spesso vediamo tattoo che si somigliano molto tra loro, in altri Paesi d’Europa non è così.”

Saggio sarebbe allora cercare di personalizzare quanto più possibile il soggetto, approfondendo i concetti e creando una vera e propria collaborazione con chi il tatuaggio andrà poi a realizzarlo.

Certo, anche i tatuaggi più ingenui, quelli fatti magari dopo un bicchiere di troppo o frutto dell’incoscienza dell’età vanno a dare il loro contributo alla nostra storia e questo avviene che ci piaccia oppure no:

“Ogni tattoo, a suo modo, ha una storia – prosegue Paola Currado – anche i tatuaggi fatti con leggerezza. Anche se un tattoo è fatto apparentemente senza motivo né significato, ha comunque una storia, perché ricorderemo che eravamo con quella persona, in quel posto. Ecco la storia.”

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Viene allora da chiedersi quanto sia lecito cambiare, modificare, rimaneggiare a posteriori i capito della nostra storia. Un tatuaggio qualche volta può, dopo anni, non rispecchiarci più, non piacerci o ricordare un momento che, invece, preferiremmo dimenticare quanto più in fretta possibile. E’ lecito allora in simili casi cancellarlo o alterarlo?

 “È un po’ come chiedere ad uno scrittore di cambiare il finale di un romanzo altrui – spiega Adriano Lodovico Amoretti – Non si fa, per etica, per rispetto e anche perché non dai il meglio di te correggendo e completando il lavoro di un altro, che ha un’altra mano ma soprattutto un’altra idea creativa. Può capitare coprire o ritoccare un lavoro palesemente mal fatto o che non piace più… ma questa è un’altra storia, tutta da riscrivere!”

L’ingrediente più importante allora è alla fine forse solo uno: il rispetto. Rispettare noi stesse, non piegandoci a una tendenza passeggera, e rispettare la nostra storia, accettandone ogni capitolo e cercando di dare il meglio quando ne andremo a creare uno nuovo.

Fonte: cosmopolitan.com

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