Perché smettiamo di avere speranza? Le motivazioni e le cause

Perché smettiamo di avere speranza? Le motivazioni sono semplici anche se poco conosciute, e le cause? Cambiamenti improvvisi, tragedie e delusioni

psicologia di coppia, regole comunicative la speranza, cos’è (Istock Photos)

La speranza è davvero l’ultima a morire? Sembra che, ultimamente le cose non stiano proprio così. La maggior parte della popolazione europea ha perso, come si suol dire, le speranze! Come mai ciò accade? E quali sono i motivi alla base che ci spingono a smettere di sperare in qualcosa? Pensiamo sia collegato alla depressione o ad un forte stress psicofisico ma, a parte questo, esistono anche altre motivazioni e cause, alcune più leggere, altre più radicate in noi che, proprio a noi, sono ignare. Facciamo un pò di luce e scopriamo come mai la gente, o la maggior parte di essa, ad un certo punto, smette di sperare.

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Cos’è la Speranza in psicologia

La speranza, cos’è in psicologia? (Istock Photos)

La speranza viene considerata come uno dei doni più preziosi della vita perché permette di andare avanti anche quando la situazione che si vive non offre molte opportunità. In psicologia, in realtà, non ha generato un filone di studi tanto nutrito come per altre tematiche e molte di esse riguardano un ambito che a prima vista non sembra esserne coinvolto come per esempio il marketing.Per molto tempo si è discusso circa la natura della speranza, se fosse davvero o meno un’emozione. Per alcuni psicologi il fulcro della questione riguarda soprattutto la controparte biologica e fisiologia della speranza che sarebbe troppo scarsa per farla rientrare tra le emozioni che comunque scatenano forti reazioni fisiche (pensiamo ad esempio alla paura).

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In ambito psicologico però alla speranza viene dato un compito fondamentale che è quello di supportare la motivazione, perché senza speranza cade ogni possibilità di cambiamento soprattutto in situazioni difficili. Anche una psicoterapia è caratterizzata dalla speranza di poter superare la propria sofferenza.

Durante uno studio condotto, lo psicologo Snyder ha definito la speranza come una sorta di molla comportamentale e ne individua due componenti:

  • l’Agentività: cioè la convinzione di poter raggiungere i propri obiettivi;
  • i Percorsi: la convinzione di poter ideare dei piani per raggiungere gli obiettivi.

Questi due elementi compongono il “potere a procedere”. L’avere speranza ha delle conseguenze positive sull’individuo, quali la possibilità di provare emozioni positive, allenare il pensiero ad elaborare diverse strategie guadagnando in flessibilità e ottenere maggiore simpatia e supporto sociale, perché un atteggiamento positivo è più gradito.la speranza può diventare uno strumento utilissimo per aiutare le persone ad uscire da un momento difficile.

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La sfida non è solo quella di capire cosa sia la speranza, ma di metterla anche in corretta relazione con costrutti quali:

  • ottimismo,
  • resilienza,
  • prospettiva temporale
  • la percezione del rischio. Il rischio è importante perché è ciò che separa il realizzabile dal non realizzabile e quindi in alcuni casi andrà eliminato, in altri andrà evitato.

L’aspettativa positiva della speranza: agli inizi

Psicologia, la speranza agli inizi (Istock Photos)

La speranza è stata anticamente più appannaggio di filosofi e teorici delle religioni, considerata un fenomeno più mistico che psicologico, più impalpabile di altre emozioni a forte connotazione anche fisiologica (si pensi alla rabbia o alla gioia) e quindi più tardivamente considerata nel novero delle emozioni importanti per la vita psicologica.

Fu Karl Menninger nel 1959 a portare per primo l’attenzione degli psicologi sulla speranza pubblicando un lavoro sull’American Journal of Psychiatry.

Egli la concettualizzò come una forma di aspettativa positiva riguardo al raggiungimento di un obiettivo e la considerò uno dei fattori clinici importanti nei processi di cambiamento e miglioramento terapeutico dei suoi pazienti.

In poche parole, quello che lo psicologo suggeriva era che l’atteggiamento emozionale col quale la persona si approcciava al percorso di cura fosse in grado di influenzarne gli esisti. Negli anni seguenti, la speranza è stata studiata più approfonditamente: si è compreso, ad esempio, che essa non coincide del tutto con un’aspettativa positiva. Poiché quest’ultima si fonda su una ragionevole previsionalità del fatto che accadrà o non accadrà una certa cosa. La speranza, al contrario, viene nutrita anche quando si ha un’aspettativa negativa, anzi è proprio in questo frangente, quando cioè le cose “non promettono bene”, che entra in gioco questa emozione, la speranza!

Avere fiducia nel fatto che le cose possano risolversi per il meglio anche quando tutto sembra lasciarci prevedere il contrario è un elemento distintivo della speranza e permette di distinguerla sia da un’aspettativa positiva, che da altre emozioni “positive” come gioia o felicità.

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La speranza, perché smettiamo di crederci

Perché smettiamo di credere nella speranza? (Istock Photos)

Il senso profondo della speranza sta nella fiducia di poter raggiungere il nostro obiettivo potendo mettere in campo strategie adeguate. Ecco, dunque aggiungersi un secondo elemento distintivo della speranza: avere fiducia nella proprie capacità di risolvere gli eventi, anche quando ci si presentano delle difficoltà o contrarietà.

La speranza è quindi un’emozione molto complessa da gestire. Non sempre quindi si riesce a capire l’importanza di avere speranza. Oltre alla fiducia in se stessi, la speranza chiama in causa altri elementi che la caratterizzano. Tra questi troviamo:

  • sensazione di agentività: 
  • sensazione di autoefficacia e autostima: cioè il bisogno di sentire di essere una persona sufficientemente amabile e degna di stima; su questo può poggiarsi un senso di identità sufficientemente stabile e coeso, ovvero una percezione abbastanza coerente di essere delle persone autentiche e di valore. Questo riconoscimento ci viene anzitutto dagli altri per poi essere interiorizzato in noi stessi; esso rappresenta un bisogno fondamentale per ogni essere umano e permane, anche se in forme più mature e adatte all’età, per tutta la vita.
  • resilienza di fronte agli eventi negativi: la capacità dell’essere umano di “resistere”, non farsi danneggiare dall’urto degli eventi. La resilienza non consiste nel non farsi toccare dagli eventi negativi, non si tratta di restare uguali a sé stessi respingendo gli urti, ma farsi modellare da essi uscendone rafforzati e, dunque, cambiati.

Le persone che nutrono speranza, infatti, sono in grado di affrontare le difficoltà con maggiore determinazione, considerandole sfide da superare piuttosto che ostacoli insormontabili e sono più in grado di adottare strategie di adattamento più funzionali a gestire lo stress preservando così il proprio benessere psicologico.

Quindi smettiamo di avere speranza soprattutto perché in noi mancano una serie di fattori, come la resilienza, la voglia di affrontare nuove sfide che la vita ci pone davanti e, cosa importantissima, manca più di ogni altra cosa la motivazione. Più nello specifico, manca la possibilità di mantenere alta la motivazione anche in momenti ritenuti “pesanti o duri”. La mancanza di raggiungere un obiettivo senza lasciare che esso si affievolisca nel tempo con il profilarsi di una difficoltà. Questi sono le basi per cui smettiamo di avere speranza anche quando, dentro di noi, ci ripetiamo che “la speranza è l’ultima a morire”.

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