Paternità: come cambia l’uomo dopo l’arrivo di un bebè

Paternità: come cambia l’uomo dopo l’arrivo di un figlio? Anche nell’uomo, così come nella donna, avvengono dei cambiamenti a livello ormonale e non solo! Il ruolo di papà visto dalla scienza

Paternità, come cambia l’uomo (Istock Photos)

Chi ha detto che solo la donna ha dei cambiamenti durante la gravidanza o il post parto? Anche lui, l’uomo, futuro papà prova a livello ormonale dei grandi cambiamenti. Certo, non sono paragonabili agli sbalzi ormonali che la donna in dolce attesa è costretta a sopportare, ma alcuni recenti studi hanno dimostrato che anche il futuro papà cambia con l’arrivo del bebè. Lo so, molte di voi si staranno chiedendo “come” e “perché” non avendo, loro, subito alcun tipo di stravolgimento fisico e psichico come voi, ma a rivelarlo è la scienza: la paternità cambia l’uomo! Scopriamo allora in che modo e come mai questo avviene biologicamente e psicologicamente.

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Come cambia l’uomo dopo essere diventato papà

come cambia l’uomo dopo la paternità (Istock Photos)

I cambiamenti evidenti, cioè quelli a livello fisico, sono della futura mamma. Lei è quella che porta dentro di se una nuova vita, colei che stravolge il suo corpo per dar vita ad un altro essere umano. Questo è naturale ed evidente a tutti ma, in tutto ciò, l’uomo, colui che sta per diventare papà non subisce alcun tipo di cambiamento a livello fisico. Sì, anche questo si sa bene, quello che invece si ignora sono i cambiamenti che anche l’uomo subisce a livello ormonale. A dirlo è uno studio condotto su 624 uomini. I cambiamenti sono evidenti. Spieghiamoli subito.

Innanzitutto, i livelli di testosterone negli uomini si abbassano subito prima o subito dopo la nascita del primo figlio. Lo studio condotto ha rivelato che su un campione di 624 uomini single e senza figli analizzandone i livelli di testosterone: 465 di loro sono diventati padri nei 5 anni dello studio, e hanno mostrato un calo dei livelli di testosterone del 34% in media rispetto a coloro che erano rimasti single o comunque non avevano avuto figli.

Di contro, altri studi hanno evidenziato come, a fronte di una diminuzione del testosterone, aumentino gli ormoni che aiutano a creare un legame, come ossitocina e dopamina, nonostante non sia ancora del tutto chiaro il motivo.

Anche il cervello, poi, subisce delle modifiche. Infatti anche nell’uomo si attivano delle specifiche aree che segnalano il cambiamento in atto.

Le aree del cervello che si attivano sia nei padri che nelle madri sono quelle legate all’affetto, all’empatia e alla capacità di reagire al comportamento del bambino: imparare come legare emotivamente con i propri figli, è la conclusione degli studiosi, è una parte fondamentale del percorso che porta un uomo a diventare padre. Per questo il cervello svolge un ruolo di “facilitatore”, prima e dopo la nascita del bambino.

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Il cervello e l’emotività del papà è diverso da quello della madre?

vita di coppia con bebè paternità (iStock Photos)

Le aree del cervello che si attivano nelle madri sono quelle più vicine al nucleo del cervello, che regolano i processi di accudimento, nutrizione e riconoscimento del pericolo. Per i padri le parti che si attivano maggiormente sono quelle della superficie esterna del cervello, dove si trovano le funzioni più cognitive come il pensiero, gli obiettivi, la pianificazione e la capacità di risolvere i problemi.

Ecco perché, secondo gli studiosi il cervello dei padri si è adattato per assicurare che possano legare con i propri figli e possano prendersi cura di loro pur non avendoli fisicamente messi al mondo. Questo significa che sia le madri che i padri sono “preparati” per entrare in sintonia con il bambino.

Per ciò che concerne le emozioni, il neo-papà tende a vivere la paternità sotto un altro punto di vista. Per lui, a differenza della neo mamma (donna) esprimere sentimenti ed emozioni risulta più difficile.

Un uomo che decide di avere un figlio va incontro ad una fase del proprio ciclo di vita che ha un enorme potenziale di trasformazione. Diventare genitori comporta, infatti, una definitiva trasformazione dell’identità: insieme al proprio bambino un uomo vede nascere un “nuovo se stesso”.

La fatica mentale ed emotiva che un uomo deve affrontare nel momento in cui si confronta con la possibilità di una paternità è davvero smisurata: nessun’altra sfida comporta le stesse implicazioni emotive e psicologiche. Diventare padre spaventa perché da alcuni uomini questo evento viene interpretato come un’interruzione del proprio ciclo di vita, un ostacolo nei confronti di tutto ciò che è stato conquistato fino a quel momento della propria esistenza: la posizione e la stabilità professionale; la libertà di usare il tempo libero a proprio vantaggio e piacimento.

Essere padre: la depressione paterna post-natale

depressione paternale post parto (Istock Photos)

Un’infinita quantità di studi ha rivelato e raccontato le emozioni materne, ha fatto luce sulla depressione materna, per moltissimo tempo negata e non vista, ma solo di recente si è cominciato a studiare cosa accade nel mondo interiore di un uomo che affronta l’evento “nascita”. È recentissima la comparsa di studi che parlano di depressione post-parto dei papà attestandone la prevalenza intorno al 5% della popolazione. Studiosi come Paulson, Dauber e Leiferman nel 2006, hanno individuato in uno studio, un 10% di neo-padri con sintomi depressivi, all’interno di un campione di 5089 famiglie, fornendo prova, per la prima volta, su un campione così ampio, della significatività dell’evento depressivo nella popolazione dei padri, la cui condizione sintomatologica, uguale a quella dello status materno, si rivela correlata a pratiche di accudimento e di interazione genitore-neonato più scadenti.

La depressione paterna post-natale è associata a disturbi emotivi e comportamentali che il bambino manifesta all’età di 3 anni e mezzo, con particolare evidenza di disturbi della condotta nei figli maschi. Si è dimostrato che la depressione paterna, al pari di quella materna, gioca un ruolo specifico nello sviluppo emotivo-comportamentale dei bambini. Sostenere il ruolo, le funzioni e la competenza emotiva dei neo-papà, infatti, significa investire in un fattore protettivo di salute di primaria importanza, non solo per il nascituro, ma anche per la coppia genitoriale.

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Non va trascurato, del resto, che se l’uomo prova a stare ad entrare in scena sin dai momenti più precoci, a guadagnarne in qualità e intensità è anche il rapporto madre-figlio visto che l’uomo, offrendo sostegno emotivo alla propria compagna, fungerà per lei da base sicura, divenendo in tal modo anch’egli figura di attaccamento. Del resto la simbiosi tra madre e bambino è spesso così intensa e totale che un uomo può inserirsi al suo interno solo grazie alla disponibilità della propria compagna a farsi da parte per chiamarlo in causa, lasciando momenti diretti di interazione tra padre e figlio e fidandosi della sua capacità di essere presente e di prestare cure altrettanto premurose, sebbene dissimili da quelle che avrebbe adottato lei. Questo coinvolgimento del padre deve essere facilitato il più precocemente possibile. La mamma deve “attivare” questo dispositivo di accudimento che nell’uomo scatta in modo meno automatico, rispetto a quanto succede alla donna. Infatti, il sentirsi padre e la capacità di “costruire una propria immagine di sé assieme al bambino”, cosi da soddisfare adeguatamente i suoi bisogni, sembrano essere, nel maschio, associati all’opportunità di interagire precocemente con il proprio figlio.

Quando il papà si sente escluso bisogna intervenire a suo favore

Paternità, esclusione (Istock)

Per molti neo papà la vicinanza emotiva e affettiva, quasi morbosa, tra madre e neonato, li fa sentire esclusi dalla relazione familiare. Spesso questi padri si sentono come “terzi incomodi” e molto spesso si sentono ripetere tra se e se “Cosa ci sto a fare in mezzo a questi due?”. In questi casi, bisogna aiutare il papà a non sentirsi escluso dal “gruppo”. Molti neo-papà descrivono questa situazione associandole una sensazione dolorosa di “essere tagliato fuori” da qualcosa di molto importante, essere escluso da una relazione che, almeno sulla carta, dovrebbe, invece, appartenere di tutto diritto anche a loro.

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Al giorno d’oggi, mentre molte azioni, sono state introdotte per la mamma ed il suo bambino, quasi nulla esiste per accompagnare il papà nel percorso che lo vedrà abbracciare con il corpo e con il cuore il proprio bambino. Le principali “istanze” di rinnovamento che caratterizzano il mondo emozionale, intrapsichico e concreto dei nuovi papà sembrano essere più il risultato di una maggiore predisposizione naturale a “mettersi in gioco” in prima persona e a cambiare gli schemi di interazione e comportamento che hanno contraddistinto i padri e gli uomini delle passate generazioni.

Occorre che si impari a considerare la paternità un vero e proprio capitale sociale al quale la società del terzo millennio non può rinunciare, ma dal quale intende partire per garantire alle future generazioni un’esistenza resa forte dalla presenza armoniosa e cooperativa di due genitori consapevoli dei propri limiti e dei propri punti di forza.

(Fonte: Bowly)

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