La soia e i suoi derivati: cos’è e come trattarla in cucina

La soia e i suoi derivati: cos’è e come trattarla in cucina. Dai fagioli di soia alle salse tamari, miso e shoyu passando per il tofu. La ricetta con la soia

Soia e derivati(Thinkstock)

La soia è un legume che in passato veniva coltivato solamente in Estremo Oriente, dove è da sempre uno dei pilastri dell’alimentazione. La sua coltivazione si è diffusa in Occidente soprattutto alla fine del XVII secolo e, da qualche tempo, si assiste a un incremento della coltivazione, sia delle varietà destinate all’alimentazione del  bestiame che di quelle riservate al consumo umano. Cibi ottenuti dalla trasformazione dei fagioli di soia come burger, insaccati, spezzatino e bistecche di soia, pàté, latte, formaggi, gelati, salse, hanno fatto la loro comparsa anche sul nostro mercato e sono reperibili con sempre maggiore facilità. Anche in seguito alla richiesta di cibi leggeri e poveri di colesterolo, i prodotti derivati dalla soia vanno conquistando sempre più simpatie maggiori. In Estremo Oriente la soia – come si accennava poc’anzi – è da sempre alla base dell’alimentazione umana e alimenti come lo shoyu, il tempeh, il tofu, il tamari, il miso, il natto, derivati dalla trasformazione dei fagioli di soia, sono tuttora molto diffusi e dimostrano come questa leguminosa sia stata coltivata soprattutto per l’alimentazione umana. La soia contiene infatti circa il 38-40% di proteine (ma può arrivare anche quasi al 50%), mentre la carne bovina, ad esempio, ne contiene soltanto il 18%.

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Le origini della soia, il suo consumo e le varietà

proprietà della soia La soia, origini e varietà (Istock Photos)

Forse originaria del Nordest della Cina, la soia si trova citata in scritti del lontano 3000 a.C. con il nome di ta-teou (grande fagiolo), considerata tra le cinque piante sacre insieme a frumento, miglio, orzo e riso. Era sicuramente conosciuta ben prima di quella data e la sua presenza è rintracciabile in antichissime leggende che ne testimoniano la sua diffusione e la sua importanza. Il termine soia (o soja), invece, fu molto probabilmente coniato in un’altro contesto, anche piuttosto di recente. Può anzi, per la verità, essere considerato improprio. Deriverebbe infatti da shoyu, nome giapponese di una delle salse ottenute dalla fermentazione del “grande fagiolo”. Furono forse gli olandesi, primi europei a commerciare con il Giappone, ad attribuire il nome non solamente alla salsa ma ai fagioli stessi.

In merito alle varietà di soia da consumo diretto, in Italia attualmente si sa ancora abbastanza poco. Sono diffuse soprattutto varietà a seme giallo, le più versatili in cucina, molto adatte alla trasformazione in tofu o formaggio di soia, uno dei prodotti derivati di più larga diffusione. Si possono reperire pure varietà di soia verde (detta anche mung), particolarmente adatte ad ottenere i germogli, ma c’è chi dice che il tipo verde, come anche quello rosso, meglio conosciuto con il nome giapponese di azuki, di difficile coltivazione e di prezzo piuttosto elevato, di per sé non fanno parte della famiglia della soia, ma di quella del fagiolo. In Giappone vengono altresì coltivate anche varietà di soia nera. In ogni caso si può dire che, in generale, la soia, nelle sue diverse varietà, è effettivamente una vera e propria miniera di fattori nutrizionali. Come si è accennato, può contenere sino al 50% di proteine; contiene anche intorno al 17-20% di grassi, il 12-25% di zuccheri, il 10% di fibra grezza, una notevole quantità di calcio, fosforo, ferro, magnesio, potassio, oltre a vitamine, sia idrosolubili che liposolubili. Ha da qualche tempo interessato anche i medici per le sue a volte spettacolari capacità di ridurre il colesterolo nel sangue e di influire quindi, positivamente sull’evoluzione dell’arteriosclerosi.

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Come trattare i fagioli di soia: ammollo e cottura

Soia e derivati, caratteristiche e usi in cucina (Istock Photos)

Per la preparazione e il consumo dei fagioli di soia secchi è necessario seguire alcuni accorgimenti che hanno lo scopo di renderli più facilmente digeribili e di eliminare la nocività. Tutti i legumi, non solo la soia, contengono infatti alcuni principi tossici che possono avere effetti nocivi se assunti in certe quantità. Inoltre la pellicola che li avvolge può essere causa di fastidiosi (ma non nocivi) gas intestinali. Tali inconvenienti possono essere tuttavia risolti con un precedente ammollo in acqua, una buona cottura, una altrettanto buona masticazione, l’uso eventuale di “passati” per separarne la buccia e, comunque, un consumo non eccessivo. I numerosi prodotti derivati dalla soia, invece, non presentano questi problemi e proprio per questo sono tradizionalmente molto diffusi nelle aree nelle quali la soia vanta una coltivazione di lunga data.

Se vengono consumati sotto forma di fagiolo, i vari tipi di soia, dopo essere stati lavati, devono essere lasciati in un recipiente con abbondante acqua; i fagioli gialli necessitano di un ammollo di 48 ore; per i fagioli verdi, invece, è sufficiente un ammollo di 8 ore (gli azuki, se vogliamo considerarli alla stregua dei fagioli di soia, necessitano di un ammollo di circa 24 ore). L’acqua dell’ammollo va poi buttata e i legumi in questione vanno messi in una pentola con acqua rinnovata. Dopo aver portato a ebollizione, è preferibile abbassare il fuoco a minimo, coprire con un coperchio e cuocere a fuoco moderato. Il sale deve essere aggiunto solamente a cottura ultimata per evitare l’indurimento della buccia; nell’acqua di ammollo e di cottura si può inoltre aggiungere un pezzo di alga kombu.

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Gli alimenti ricavati dalla soia

varietà di soia (Istock Photos)

Oltre che sotto forma di fagiolo, la soia, come accennato, può essere consumata sotto forma di vari prodotti trasformati, la maggior parte dei quali sono tradizionalmente un elemento della cucina di alcuni paesi dell’Estremo Oriente. Tali prodotti possono essere classificati in due gruppi principali:

  • Alimenti fermentati: a base di soia sono: lo shoyu e il tamari, che sono due salse, il miso (una crema di soia), il tempeh (soia a forma di panetto), oltre al natto e al sufu.
  • Alimenti non fermentati: i principali sono il latte di soia, il tofu (caglio del latte di soia, conosciuto anche come formaggio di soia), il tofu secco, lo yuba (la pellicola coagulata del latte di soia), il moyoshi (germogli di soia). Fra questi alimenti non fermentati, il tofu e i suoi derivati sono tradizionalmente i più diffusi, mentre da noi riscuote un certo successo anche la trasformazione del fagiolo per ottenere la “carne”, sotto forma di “bistecche” o “spezzatino”, che è il risultato di alcune manipolazioni operate sul legume.

Alimenti fermentati, la salsa di soia: lo shoyu – caratteristiche e preparazione

Le salse di soia (Istock Photos)

Lo shoyu è un tipo di salsa liquida con un gusto leggermente salato e un sapore piuttosto aspro, prodotta con la fermentazione di fagioli di soia, grano, acqua e sale. Impiegato largamente in tutta l’Asia orientale, a seconda dei Paesi assume diverse denominazioni. Tradizionalmente la fermentazione è effettuata in grandi barili di legno (solitamente cedro) nei quali vengono mescolati i fagioli di soia, il grano e il sale. Negli anni recenti, però, i fagioli di soia sono stati sostituiti sempre più frequentemente dai fagioli privati dei grassi in forma di granulato o fiocchi e vengono impiegati procedimenti che sveltiscono la preparazione della salsa e il suo invecchiamento, che dovrebbe essere prolungato sino a un anno e mezzo. Le grosse industrie, inoltre, si stanno sbizzarrendo con l’uso di diversi prodotti chimici, tra cui conservanti e aromatizzanti. Recentemente la stessa famiglia imperiale giapponese ha denunciato l’adulterazione della Sacra Salsa e le polemiche che ne sono seguite hanno messo in luce come ormai troppo spesso lo shoyu (ma anche il tamari, l’altra salsa liquida di soia), vengono prodotti a partire da caramello, destrosio o saccarina e alcol.

Non è sempre facile, dunque poter trovare della vera salsa di soia. Quando la si trova però, si ha un prodotto che, oltre a dare un caratteristico sapore ai cibi, è in grado di fornire un notevole contributo alla nostra alimentazione dal punto di vista dell’apporto di vitamine, enzimi, fermenti e lieviti, elementi questi che risultano essere molto importanti per mantenere l’equilibrio della flora intestinale e per favorire la digestione dei cibi. La lunga fermentazione della soia, inoltre, inattiva gli elementi antinutritivi presenti nei legumi (cosa questa che vale per tutti i prodotti fermentati ricavati dalla soia). Si può usare per condire verdure e cereali, aggiunta nel piatto o negli ultimi istanti d cottura di zuppe, cereali, verdure.

Alimenti fermentati, la salsa di soia: il tamari – caratteristiche e preparazione

Salsa di soia tamari (istock Photos)

Anche il tamari, come lo shoyu, è una salsa di soia liquida, che risulta di sapore e concentrazione più foti dello shoyu: non contiene grano ma solamente fagioli di soia, sale marino e acqua. Tradizionalmente i fagioli di soia cotti,  ai quali viene aggiunto il fermento, sono seccati lentamente per circa due settimane su stuoie di bambù per assicurare una fermentazione perfettamente bilanciata. In seguito vengono posti a stagionare per un periodo di tempo che si aggira intorno ai 18 mesi ( ma può essere prolungato anche sino a 24 mesi), in barili di legno. Vengono infine pressati lentamente per estrarne il liquido, a cui può essere aggiunta una piccola quantità di mirin, un liquore dolce ottenuto dalla fermentazione del riso glutinoso, che ha il compito di aiutare la conservazione.

Attualmente, purtroppo, i procedimenti per la preparazione del tamari sono a volte molto più spicci e vedono l’apporto di altri elementi, i più comuni dei quali sono l’alcol e lo zucchero, come già rilevato a proposito dello shoyu. Proprio per le sue caratteristiche di maggior “concentrazione”, il tamari va usato preferibilmente nei mesi freddi, quando si ha bisogno di qualcosa di più energetico. Anch’esso ricchissimo di proteine, sali minerali, enzimi, va usato nella preparazione di condimenti per insalate o aggiunto durante gli ultimi minuti di cottura di cereali, legumi, verdure, alghe e zuppe.

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Alimenti fermentati, crema di soia: il miso – caratteristiche e preparazione

crema di soia, il miso (Istock Photos)

Si presenta come una crema ed è un prodotto fermentato ottenuto da fagioli di soia e cereali alla presenza di sale. Ampiamente utilizzato in tutta l’Asia orientale, prende diverse denominazioni a seconda dei Paesi. In Giappone, paese dal quale il miso di è diffusoin Occidente, vengono preparati vari tipi di miso:

  • Il mugi miso: contiene fagioli di soia, sale marino, acqua e orzo ed è lasciato fermentare per almeno 18 mesi. Usato quotidianamente nelle zuppe e come condimento per verdure e legumi.
  • Il kome miso: è preparato con fagioli di soia, riso, sale e acqua ed è più leggero del precedente. Va usato preferibilmente in modo saltuario, nelle zuppe e con verdure.
  • lo hatcho miso: contiene fagioli di soia, sale e acqua, senza l’impiego di cereali – è il più forte ed è lasciato fermentare per circa 24 mesi; Usato preferibilmente per le zuppe e come condimento per i piatti di verdure. Indicato nei mesi freddi, dal sapore leggermente salato.
  • Il genmai miso: preparato con fagioli di soia, riso integrale e sale, è fermentato per circa un anno; Usato per prevalentemente nelle zuppe e come condimento per le verdure. Questo è quello più usato.
  • il nattoh miso: è mugi miso al quale viene aggiunto zenzero, alga kombu, malto d’orzo e viene poi lasciato fermentare per un paio di mesi.

Vi sono poi, altri tipi di miso e ogni tipo ha colore, sapore e caratteristiche diverse, che lo rendono consigliabile per usi diversi. Tutti i tipi di miso sono in genere molto ricchi di proteine, sali minerali, vitamine e soprattutto enzimi che provvedono al buon funzionamento della flora intestinale. Se si usano nelle zuppe o nella preparazione di verdure o cereali cotti, vanno aggiunti solo alla fine della cottura, poco prima di togliere dal fuoco, stemperandoli in un poco di brodo vegetale.

Alimenti fermentati: il tempeh – caratteristiche e usi

Il tempeh, alimenti fermentati di soia (Istock)

E’ uno dei principali cibi fermentati dell’Indonesia ed è molto diffuso anche in Sri Lanka, Malesia e Filippine. E’ un prodotto a forma di panetto, tradizionalmente derivato dalla soia macerata in acqua per alcune ore e quindi bollita prima di mescolarla con un pezzetto di tempeh lasciato da parte da una precedente lavorazione. I fagioli di soia fermentati vengono poi avvolti in foglie di banana e fermentati a temperatura ambiente per circa un giorno dopo di che, ottenuta la compattazione in un panetto, possono essere consumati fritti o ulteriormente immersi in una salamoia con spezie oppure cotti al forno. Recentemente, nella produzione su larga scala che deve usare tecniche più veloci, sono impiegate colture di muffe con le quali può essere meglio controllata la fermentazione. Anche il tempeh è molto ricco di proteine facilmente digeribili, vitamine e fibre.

Alimenti non fermentati ricavati dalla soia: lo yuba e il tofu

Tofu fresco e secco, alimenti non fermentati di soia (Istock Photos)

Uno degli alimenti non fermentati ricavati dalla soia e invero ancora poco diffuso in Europa, è lo yuba. Esso viene preparato scaldando il latte di soia a temperatura appena al di sotto del punto di ebollizione in una padella piatta: la pellicola ottenuta viene prelevata ed essiccata. E’ prodotto in piccola scala soprattutto in certe località del Giappone. Mentre, il tofu (dal giapponese to-fu, ossia “carne senza ossa”) è un alimento non fermentato derivato dalla soia. Da millenni è consumato nei Paesi orientali dove si può dire che abbia sostituito il nostro formaggio, tanto che da noi è conosciuto come formaggio di soia. Molto ricco di proteine, a differenza del formaggio ottenuto dal latte vaccino è povero in grassi e privo di colesterolo. Sviluppa solo 70 calorie/100 gr e si presta ad essere consumato tale e quale oppure insaporito con erbe aromatiche, affumicato, secco, fritto, trasformato in creme, salse, dolci, hamburger.

Per fare il tofu i fagioli di soia vengono lavati, messi in ammollo con acqua, poi macinati con l’aggiunta di piccoli quantitativi di acqua rinnovata e messi sul fuoco con una certa dose di acqua. Dopo il filtraggio, il liquido ottenuto viene fatto cagliare con nigari, un caglio minerale estratto dal sale marino, ma ora anche con solfato di calcio, o magnesio, o aceto o, più semplicemente – soprattutto quando si volesse preparare il tofu in casa – con del succo di limone. Ottenuta la cagliatura, si procede a pressatura per eliminare il siero.Purtroppo, pur essendo stato un alimento-base della dieta delle popolazioni giapponesi e cinesi, attualmente viene prodotto in modi tutt’altro che tradizionali. Si calcola che, per sempio, in tutta Tokyo solo lo 0,3% del tofu in commercio sia prodotto “come si deve”. Il resto, compresi i circa 10 milioni di confezioni esportate, viene ottenuto attraverso scorciatoie truffaldine: fecce spremute e coagulanti artificiali usati anche per la confezione delle cosiddette “bistecche di soia”. Ecco perché è particolarmente importante scegliere tofu prodotto in Italia da piccoli laboratori che hanno da qualche anno iniziato la produzione, a meno che non lo si prepari a casa.

Il tofu trattiene una grande quantità d’acqua in una struttura spessa e gelatinosa; il tofu secco si ottiene, invece, tradizionalmente per rapprendimento del tofu, congelamento all’aperto, asciugatura al naturale alternarsi del gelo e del disgelo. In Giappone la sua produzione industriale su larga scala è maggiore di quella del tofu, dato che risulta facile da asportare e si conserva bene. Ricchissimo di proteine, contiene meno grassi del tofu fresco e si consuma lasciandolo semplicemente rinvenire in acqua qualche minuto prima di cucinarlo.

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Ricetta: Insalata di soia verde e alghe nori – Ingredienti

Insalata di soia verde e alghe nori, la ricetta (Istock Photos)

  • 150 grammi di fagioli di soia verde;
  • 400 grammi di zucchine
  • 1 striscia di alga nori
  • olio extravergine d’oliva
  • 1 cucchiaio di shoyu
  • sale (facoltativo)

Procedimento

  • Lasciate la soia in ammollo in acqua per almeno 8 ore dopo averla lavata; quindi gettate l’acqua dell’ammollo e cuocetela in una pentola coperta e a fuoco moderato, in acqua rinnovata; scolatela dopo 45-60 minuti.
  • Nel frattempo spuntate le zucchine, tagliatele a dadini, sciacquate l’alga nori, asciugatela e tagliatela a striscioline.
  • Mettete le due verdure ad appassire in una padella con un poco di olio extravergine d’oliva e, dopo circa un quarto d’ora, quando le zucchine sono cotte ma ancora croccanti, toglietele dal fuoco e unitele alla soia in un’insalatiera.
  • Condite quindi con olio, lo shoyu e, volendo, un pizzico di sale.

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