Amore disfunzionale e dannoso: cos’è e come riconoscerlo

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Amore disfunzionale, cos’è (Istock Photos)

Amore disfunzionale e dannoso: cos’è e come riconoscerlo con semplici domande a cui devi rispondere.

Quando ci innamoriamo, non sempre siamo consapevoli di chi ci siamo innamorati, di come sarà quell’amore e di come ci farà stare. Siamo talmente presi dall’altra persona che non ci rendiamo conto che a volte, incappiamo nell’amore sbagliato, quello detto disfunzionale o dannoso. Ma come fare per riconoscere un amore disfunzionale da una relazione funzionale? Scopriamolo con delle piccole ma fondamentali domande che, tutti noi dovremmo porci per cercare di capire che tipo di relazione abbiamo intrapreso e, se ci farà stare bene o, in caso contrario, è meglio abbandonare per salvaguardarci.

Amore disfunzionale: cos’è e come riconoscerlo

Mentre le relazioni intime di tipo funzionale sono caratterizzate dalla sicurezza, dal prendersi cura dell’altro e anche di se stessi, dalla collaborazione e cooperazione nel raggiungimento di scopi comuni e da valori condivisi (es. sostenere l’altro nelle sue scelte, essere onesti e fidarsi dell’altro, ecc.), gli amori disfunzionali, invece, si nutrono di sfiducia, insicurezza, egoismo e scarso decentramento, disonestà e sfiducia nell’altro, gelosia, sino ad arrivare a vere proprie richieste eccessive, abuso di potere e controllo da parte di uno dei due partner. Ma cos’è un amore disfunzionale?

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Questo tipo di relazioni non alleggerisce il carico emotivo che quotidianamente tutte le persone sono costrette a gestire ma appesantisce, deprime, rende infelici e infine porta, a lungo andare, ad un vero e proprio esaurimento emotivo e nervoso. E’ altresì opportuno sottolineare come nessun rapporto è completamente immune da conflitti e che, quando si parla di amore disfunzionale si fa riferimento a modalità distorte di entrare, mantenere e chiudere la relazione, in cui vi è un disequilibrio tra il dare e il ricevere. L’incapacità di considerare l’altro o di essere considerati dall’altro, sono alcune delle componenti delle coppie disfunzionali, così come la mancanza di ascolto e la mancanza di empatia con il partner. Questo genere di amori malati, spesso fanno fatica ad essere troncati, con il risultato che si rimane nella relazione anche soffrendo e, cosa più importante, sapendo che la relazione è sbagliata e disfunzionale. Ma perchè allora, ci ostiniamo a non chiudere questo genere di rapporto malato? Le motivazioni sono da ricercare in determinati “cicli emozionali” che in psicoterapia si dividono, sostanzialmente, in tre.

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I 3 cicli emozionali che non fanno chiudere un amore disfunzionale

In psicologia, tre sono i concetti, o cicli, che rendono conto dell’incapacità a costruire relazioni potenzialmente funzionali: il circolo vizioso, il ciclo interpersonale e, in ultimo quello della disorganizzazione nella relazione. Questi 3 cicli emozionali spiegano bene cos’è l’amore disfunzionale. Vediamoli nello specifico:

  • Il circolo vizioso: è quel meccanismo che ci porta a desiderare un cambiamento ma a non sapere come realizzarlo, a non avere le risorse e gli strumenti per farlo. Un esempio scottante si ha quando iniziamo a pensare in questi termini: “Non riuscirò mai ad affrontare tutte queste cose senza di lui, Lui si prende cura di me ed io ho bisogno di questo, so che è un mio problema ma proprio non ci riesco a pensare a me stessa, non ne sono capace, ha ragione lui, devo cambiare io oppure mi lascerà” e a questo punto la donna cambia comportamento pur di rimanere con quel uomo.
  • Il ciclo interprersonale: tale meccanismo, invece, è composto dall’insieme delle strategie disfunzionali che il soggetto utilizza al fine di evitare emozioni molto dolorose ma che attivano nell’altro proprio i comportamenti più temuti e che confermano proprio le sue iniziali credenze. Un esempio è: quando la donna (ma anche l’uomo) è costantemente accondiscendente con l’altro, non si espone mai nella relazione e cerca sempre di esaudire tutte le richieste del partner. Questo accade perché la donna in questione ha uno schema di sé stessa come non degna di essere amata e di ricevere amore e proietta sull’altro lo schema di sé come degna di ricevere critiche e disprezzo. La donna quindi, nell’intento di mantenere la relazione con il suo lui, cerca di aderire sempre alle sue aspettative e desideri. Addirittura arrivando a desiderare gli stessi scopi di vita dell’altro e non riuscendo a distinguere più i suoi gusti personali da quelli del compagno. Queste sue modalità dall’altra parte spingono l’altro partner a legittimare comportamenti controllanti nella relazione, a sentire di avere il potere di fare e disfare la relazione a suo piacimento.
  • La disorganizzazione nella relazione: quest’ultimo meccanismo, infine, riguarda la qualità del legame di attaccamento avuto in età infantile con la figura di riferimento, ma non deve indurre a pensare in realtà ad un legame di causa effetto tra attaccamento disorganizzato e relazioni disfunzionali. Tuttavia il legame di attaccamento potrebbe servire a capire i meccanismi che hanno portato ad esempio, quella persona a fare quel tipo di scelta relazionale e rendono ragione del perchè, per lei, sia così difficile rompere quel circolo vizioso e quei cicli interpersonali e fare esperienza di relazioni giuste e più funzionali. Infatti, in età infantile, la presenza di una figura di riferimento assente o addirittura maltrattante e quindi imprevedibile nelle sue reazioni e nel soddisfare proprio i bisogni del bambino, potrebbe provocare in quel bambino una disorganizzazione del pensiero. Questo provoca, di conseguenza emozioni e comportamenti discordanti e contraddittori, appunto, disorganizzati. Questo comportamento si tramuta, in età adulta, in una relazione con frasi del tipo: “ti odio eppure ti amo”. Avendo quindi dei comportamenti contraddittori che vanno dalla freddezza all’estremo opposto, cioè, a manifestazioni esagerate dei propri sentimenti.

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Amore disfunzionale: le domande da porsi se hai una relazione dannosa

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amore disfunzionale in coppia (Istock Photos)

Quando ci troviamo di fronte ad un amore disfunzionale e dannoso, spesso siamo inconsapevoli del rischio in cui ci siamo invischiati. La mente umana tende a distorcere, a nostro piacimento, ciò che crediamo sia giusto per noi, e questo succede spesso quando la relazione che stiamo vivendo è quella sbagliata ma desideriamo, al contrario, che sia quella giusta. La conoscenza e la consapevolezza di sé stessi è sempre il primo passo verso il cambiamento. Riconoscere che siamo alle prese con una relazione che porta dolore e sofferenza alla propria vita richiede un grande sforzo (molte sono infatti le persone che continuano a negare la disfunzionalità della propria relazione anche quando familiari o amici li mettono davanti alla realtà dei fatti). Inoltre, i fattori che intervengono e ci spingono a non chiudere quella relazione dannosa sono molti e radicati in noi. Un esempio sono:

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  • scarsa autostima,
  • senso di indegnità e vulnerabilità,
  • cicli interpersonali, incapacità nell’operare scelte adattive e funzionali sia dal punto di vista relazionale che dal punto di vista personale,
  • scarse abilità nel riflettere sui propri e altrui stati mentali per riuscire a padroneggiare la propria sofferenza in modo adattivo.

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Ma ci sono diverse domande da porsi per cercare di capire se siete invischiati in una relazione dannosa e disfunzionale, come prenderne consapevolezza per uscirne e capire cos’è un amore disfunzionale

    1. Dopo aver passato del tempo con questa persona, le sensazioni riguardo te stesso sono migliori o peggiori?
    2. La relazione è caratterizzata da sentimenti di sicurezza e soddisfazione, oppure da criticità e angoscia?
    3.  Quando sei con quella persona, ti senti bene e persino rinvigorito? Oppure ti senti insoddisfatto ed emotivamente esausto nella maggioranza delle volte che vi vedete?
    4. Ti senti fisicamente ed emotivamente al sicuro con questa persona, oppure ti senti minacciato e in pericolo?
    5. Hai la sensazione di dovere cambiare qualcosa di te per rendere l’altro felice? 

È forse arrivato il momento di interrompere un ciclo che tende a ripetersi spesso e volentieri. A volte questo accade grazie ad incontri particolarmente fortunati che deviano la nostra vita affettiva verso svolte impensate e inimmaginate. In altri casi, invece,  è necessario ripetere quella stessa sofferenza per prendere consapevolezza del prezzo che abbiamo fino a quel momento paghato caro e intraprendere un cambiamento interno, finalmente nuovo, attraverso un percorso di psicoterapia e tanta pazienza, perchè come ogni cammino che si intraprende, il viaggio è ciò che conta davvero, non la meta finale.

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