Riso Carnaroli: cosa si nasconde dietro questa tipologia e la sua qualità

riso carnaroli
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Chiarezza sul Riso Carnaroli: cosa si nasconde dietro questa tipologia e la sua qualità, cosa sappiamo su aspetto e dimensioni del prodotto.

Sicuramente è una delle qualità di riso più diffuse: il Carnaroli. Ma dietro questa dicitura si nascondono diverse tipologie. Tutto ciò avviene per effetto di una legge, la 325 del 18 marzo 1958, che ha introdotto delle griglie. All’interno di queste, vengono raccolte categorie di risi simili tra loro nell’aspetto e nella dimensione. In sostanza, queste tipologie di riso generavano confusione, per cui si è deciso di raggrupparle. Si potrebbe pensare – anche giustamente – a una corretta semplificazione, se non fosse per il fatto che parliamo di qualità diverse tra loro.

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Riso classificato per tipologia: aspetto e dimensioni simili, ma la qualità?

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Così, abbiamo cinque denominazioni di riso lavorato, quelle che conosciamo tutti e vediamo stampate sulle etichette delle confezioni. Si tratta di Carnaroli, Baldo o Roma, Arborio, Rosa Marchetti e Ribe. Ognuna di queste denominazioni racchiude al suo interno diverse tipologie di risoni. Si passa dunque da qualità più raffinate ad altre molto meno.

La denominazione che racchiude più tipologie di risoni è Ribe. Vengono racchiusi i tipi di riso fini e si tratta di un prodotto particolarmente adatto per i risotti. Il Carnaroli rientra invece nella categoria dei superfini, ideali per risotti, minestre e risi freddi.

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Quali tipologie di riso contiene il Carnaroli?

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Acquistando una confezione di Riso Carnaroli, si possono acquistare Caravaggio, Carnaval, Karnak Carnise, Poseidone, Keope, Leonidas. Si tratta di risoni con costi di produzione inferiori e rese più alte. Non acquisterete in sostanza il “principe dei risotti”, ma un riso appartenente alla stessa griglia che però ha proprietà organolettiche totalmente differenti. Il risultato più immediato nei tempi di cottura: il Carnaroli originale, come noto, tende a non scuocere, le altre tipologie invece sì.

Non c’è nulla di illegale in questa classificazione, ma gli esperti considerano la legge del 1958 assurda e inoltre annualmente il ministero delle Politiche Agricole si vede costretto ad aggiornare le griglie. Ma ancora più assurdo è che in etichetta viene indicata solo la denominazione di riso lavorato, non ciò che si nasconde dietro.

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