Il senso de sé e l’autoconsapevolezza

Sapere chi si è. Una cosa non da poco per noi adulti figuriamoci per i bambini. Vi siete mai chiesti infatti come si sviluppa in un individuo la consapevolezza di ? Oggi la nostra psivologa di fiducia, Teresa Benedetti, ci aiuta a scoprire come e quando i più piccoli iniziano a vedersi come individui.

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Per dare un significato alle esperienze vissute i bambini elaborano dei concetti sociali, “strumenti” che permettono di dare senso alle esperienze condivise con gli altri. Di tutti i concetti sociali, quello più importante è quello del . Esso costituisce un punto di riferimento nell’interazione con gli altri, in quanto  media le esperienze sociali e organizza il comportamento verso gli altri. Il sé, inoltre determina le modalità con le quali ognuno di noi costruisce la realtà e stabilisce quali esperienze cercare per mantenere l’immagine che abbiamo di noi stessi. La consapevolezza della propria esistenza.

Lo sviluppo del sé

Esistono due aspetti che compongono il sé e sono il sé esistenziale e il sé categorico. Il sé esistenziale permette di sentirsi una persona distinta dalle altre. Esso compare intorno ai 3 mesi. Il sé categorico riguarda invece la capacità del bambino di definirsi in termini di categorie quali età, sesso e dimensioni.  Esso compare intorno ai 2 anni. Rientra nel sé categorico anche la capacità di riconoscere se stessi. Questo riconoscimento avviene attraverso due indizi: quelli congeniti che derivano dal fatto che l’immagine speculare si muove in contemporanea ai movimenti reali del bambino e dipende da essi; e gli indizi morfologici, cioè le caratteristiche fisiche e  i lineamenti facciali che il bambino associa a se stesso. L’autoriconoscimento avviene gradualmente ed inizia a manifestarsi intorno ai 9 mesi. Il riconoscimento visivo, non è l’unico segnale dell’autoconsapevolezza un altro molto importante è il linguaggio. Dal 2 anno in poi compaiono i primi termini autoreferenziali, quali “io” e “me”.

Un altro aspetto molto importante è il concetto di , che si forma nel bambini in risposta alla domanda “chi sono io?”. Questo concetto non è statico, ma si modifica continuamente nel tempo, attraverso l’ esperienza. I bambini sono portati a considerare se stessi in termini di concetti contrapposti, “buono” o “cattivo”; “forte” o “debole” e così via.

Un ulteriore aspetto, anch’esso fondamentale, è l’autostima: la percezione che il bambino ha del proprio valore. Essa contiene al suo interno l’immagine ideale che ogni individuo possiede di se stesso. Quindi se la differenza tra il sé ideale e quello reale è minima il soggetto avrà un’alta stima di sé; al contrario se questa discrepanza è è forte il soggetto avrà una bassa stima di sé. L’autostima è comunque molto influenzata dalle esperienze sociali, non rimane costante, ma varia nel corso degli anni. L’autostima inoltre, esercita enorme influenza sullo stato emotivo del soggetto, che, a sua volta, influenza lo stato di interesse e la motivazione.

Un altro elemento importante del riguarda le emozioni che lo costituiscono, esse infatti hanno un peso elevato sulle esperienze, in modo particolare questo è valido per i bambini e per la loro capacità di provare orgoglio e vergogna. Entrambi questi sentimenti compaiono quando il sé giudica se stesso. In modo particolare nasce quando il sé si considera carente rispetto a dei modelli personali o a convenzioni sociali. Anche l’orgoglio riguarda la valutazione delle proprie capacità, ma a differenza della vergogna, questo si riferisce al successo nell’aver raggiunto un criterio fissato. Sono necessari due capacità cognitive affinché questi due sentimenti si sviluppino, e sono: la capacità di una consapevolezza oggettiva di sé, esse non possono emergere prima che nel bambino abbia una visione oggettiva di sé. Ed essa compare nel secondo anno di vita.

L’altro aspetto riguarda la capacità di riconoscere e mantenere i modelli di comportamento, ad esso è legato la preoccupazione di non riuscire a imitare un modello. I bambini al di sotto dei 2 anni non si compiacciono del risultato e fanno anche poca attenzione alla reazione dell’adulto rispetto a quanto hanno compiuto. Solo dopo i 2 anni i bambini richiamano l’attenzione della madre, mostrando il loro bisogno di approvazione, si comportano come se la loro azione dipendesse dalla reazione positiva dell’adulto. E’ solo verso la fine del periodo prescolare che i bambini diventano più autonomi, il giudizio di sé non dipende più dalla reazione dell’adulto, successo ed insuccesso dipendono ora dai modelli propri del bambino.

Teresa Benedetti

teresabenedetti@yahoo.it

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