Caro Maschio Contemporano

 

 

Caro Maschio Contemporaneo,

ti scrivo questa lettera perché ci sono alcune cose che vorrei dirti.

In primis vorrei tranquillizzarti e spiegarti che no, non è solo la tua virilità a essere in crisi in questa epoca segnata dall’iperconnessione, dall’inesauribile pluralità d’offerta, dalla disponibilità e gratuità del p***o e dalla totale confusione tra i generi.

Siamo tutti un po’ in crisi: lo sono le relazioni, le sono le generazioni, lo sono i nostri genitori che ci mandano emoticon su Facebook; lo sono i giovani che fanno più sexting che se**o; lo siamo noi donne single perennemente in conflitto tra la nostra indipendenza e la nostra solitudine; lo sono le donne sposate, che devono lavorare, ramazzare casa, adempiere ai doveri coniugali e a un certo punto anche sfornare prole. E sì, evidentemente, lo sei anche tu, caro Maschio Contemporaneo. Mi sei in crisi. Mi sei in crisi se devi crescere. Mi sei in crisi se devi assumerti delle responsabilità. Mi sei in crisi di fronte alla famiglia, di fronte ai figli, di fronte al se**o, di fronte a un motore a scoppio o a un cavo elettrico (in compenso cucini meglio di me, non che ci voglia molto). E mi sei in crisi di fronte alle donne.

Sarebbe difficile, forse impossibile, parlare della tua crisi senza parlare della nostra “emancipazione”. E uso le virgolette perché, in verità, noi donne siamo ancora incatenate da innumerevoli sovrastrutture culturali, retaggi del passato, a cui si sono aggiunte nuove paturnie, squisitamente post-moderne. Fatto sta che alcune cose sono cambiate, per esempio è cambiato il nostro approccio al se**o e – di conseguenza, oserei dire – anche il vostro.

Siamo tutti d’accordo, presumo, nel dire che la nostra generazione di donne concede la propria virtù in dosi e tempi diversi rispetto alle generazioni precedenti (leggi: la diamo via come fosse mangime ai piccioni, solo che voi a differenza degli altri volatili, che s’ammassano tutti lì a beccare il beccabile, iniziate a ritrarvi). Ciò comporta un mutamento sostanziale nelle condizioni del mercato, l’equilibrio tra domanda e offerta s’inverte, l’eccesso di disponibilità e la semplicità di reperimento rendono la merce (la passera) meno pregiata e il suo valore diminuisce. Semplice microeconomia del pelo.

Così noi donne ci ritroviamo circondate di figafobici e criptochecche, una generazione di uomini che piuttosto-mi-sego, rimpiangendo quei tempi antichi in cui se a un uomo volevi concederla, quello se la prendeva, di buon grado e il prima possibile, perché era la Sacra Fre**a e in quanto Sacra Fre**a andava onorata. E andava bene su per giù in qualunque modo: roscia, bionda, nera, grassa, magra, giovane, vecchia, glabra, afro, verticale, orizzontale e pure di traverso. Oggi no. Oggi non è più così.

Oggi siamo tarati sull’estetica dello YouPorn, troviamo uomini col pube bello ordinato e ci spalmiamo cera bollente sulle grandi labbra e strappiamo via, perché non vorremmo mai salire agli onori della cronaca nera con il primo caso di “Uomo Contemporaneo ucciso da un pelo pubico in gola”. Oggi ci mandiamo le foto. Le foto delle tette. Le foto del culo. Le foto dell’uccello, viviamo in uno stato di permanente e facile eccitazione che ci porta a non eccitarci mai davvero, a non afferrarlo nemmeno quel culo, a non toccarle nemmeno quelle tette, a non incassarlo nemmeno quell’uccello. Mercato del pelo e tecnologia ci hanno cambiati e ciò è innegabile.Ma non è solo questo.

Oggi abbiamo uomini che ci chiedono esplicitamente «vuoi sc**are stasera?» oppure quelli che ci mandano messaggini e faccine gialle per un anno senza quagliare mai. È scomparso il corteggiamento, quello misurato e consapevole. E anche la “trombamicizia” è un concetto ontolgicamente messo in discussione. Latita la disponibilità a mettersi in gioco sul piano umano, senza un fine garantito, un Roi sentimental-sessuale. La cena, la chiacchiera, il tentativo e anche l’eventuale due di picche che, signori, è solo un due di picche, mica una crisi energetica mondiale. Si può gestire facilmente.

Dieci anni fa era nell’ordine delle cose che il maschio ci provasse e la femmina si riservasse la possibilità di elargire la vituperata carta del rimbalzo. Era persino auspicabile o strategico, rimbalzare, se il tipo ti piaceva. Adesso sotto casa ci salutate col bacetto sulla guancia, anche al terzo appuntamento, anche quando è evidente che potreste osare, perché i segnali (inclusi quelli di fumo e il codice morse) ve li abbiamo mandati tutti (e sì, prima che qualche mente illuminata dica: «Non ti viene in mente che forse non ti bacia perché non gli piaci poiché sei un cesssssso?», rispondo: «Se non gli piaccio può benissimo smetterla di cercarmi, e flirtare, e fare allusioni»).

Perché in fondo vi dite che c’è la parità, perché dovete provarci sempre voi? Perché siete maschi. Ecco perché.

Ma il problema è proprio qui. È che i concetti di “maschio” e “femmina” sono un po’ come quelli di “destra” e “sinistra”. Categorie del pensiero, ormai superate, obsolete. E riflettendoci, se provo a vestire i tuoi panni, caro Maschio Contemporaneo, mi accorgo che nemmeno i tuoi sono comodissimi. Che le Donne Contemporanee sono bizzarre.

Che stra-lavorano e sono stra-stressate perché giustamente vogliono essere Miranda Priestley ma anche Mary Poppins. Che vogliono trovare l’uomo giusto mentre alternano sapientemente (meglio dei peggio bad boys) tre trombatori in contemporanea. Che anelano alla tenerezza e poi chiamano i propri amanti con soprannomi indicibili e ne compilano la pagella dopo ogni prestazione ero**ca (pagella che viene prontamente inviata in triplice copia su whatsapp alle amiche). Che parlano di ca**i e orifizi manco fossero smalti e ombretti, ma poi sognano la favola. Che si dichiarano pubblicamente illuminate pompinologhe, ma però vogliono il messaggino della buonanotte. Che sono onnipotenti ma crollano per un paio di doppie spunte blu senza risposta. Che se non dai attenzioni sei uno stronzo, e se ne dai troppe sei uno sfigato. Che sono amazzoni metropolitane ma deve invitarmi prima lui. E deve accettarmi per quella che sono, ma comunque come cazzo si veste?!

Che un cuore dichiarano d’avercelo, ma in fondo alla vagina. Che sono emancipate ma il conto per piacere pagalo tu (perché sì, è una questione di eleganza). Che le dimensioni contano, e per piacere non eiac**are nel tempo di uno starnuto, e ti serve mica il gps per trovarmi il clitoride? Che vorrei sapessi montare un mobile, ma anche stirarti le camicie, ma anche cogliere le mie sofisticate citazioni, ma anche consigliarmi i migliori libri da leggere, ma anche farmi ascoltare la musica più figa, ed essere divertente, sagace, piacente e naturalmente pazzo di me. Altrimenti stiamo meglio da sole o con il vibratore azzurro, principe indiscusso della nostra sessualità, capace di arrivare dove nessun uomo potrà mai, facendoci scoprire inediti orizzonti del piacere grazie alla sua meccanica precisione e ricaricabile batteria.

Ecco, sai cosa c’è, Caro Maschio Contemporaneo? Non saprei indicarti la soluzione. So che siamo in questa situazione qua. Che noi siamo così e tu (e i tuoi esimi colleghi) siete lì. Che preferite guardarvi qualche puntata della vostra serie del momento e poi praticare del sano onanismo, che non contempli l’interazione con una di noi, curiose creature femminili dell’oggi.

Posso solo dirti, caro Maschio Contemporaneo, che come tu hai paura d’avere il ca**o piccolo, io ce l’ho che non ti piaccia il mio corpo. Posso solo dirti che come io cerco conferme, le cerchi anche tu. Posso solo dirti che possiamo provare a evolverci, come si fa sempre dopo le crisi, e diventare persone nuove, con fragilità e insicurezze assimilabili. Adulti imperfetti che provano a stare al mondo, trovando un equilibrio e tendendo al benessere condiviso. Posso solo dirti, caro Maschio Contemporaneo, che ormai siamo cresciuti. E che abbiamo tutti, uomini e donne, le nostre paure, le nostre nevrosi, i nostri fallimenti e le nostre storie di merda alle spalle. Che non è una gara. Che non c’è da aver così tanta paura.

E, francamente, credimi: fare l’amore è meglio che vederlo, toccare un culo è più appagante che guardarlo in foto, e una fellatio – se ben fatta – è più conciliante di una passeggiata in alta montagna. E no, non pretenderemo che ci porti all’altare poi. E te lo giuro: nessuno è mai morto soffocato da un pelo pubico.

E quando sei a letto con una donna, amala, anche solo per 30 minuti (che slancio d’ottimismo): ama la sua pelle, ama la sua bocca, ama i suoi capelli, e i suoi occhi, e la sua fica. Che sia roscia, bionda, nera, grassa, magra, giovane, vecchia, glabra, afro, verticale, orizzontale e pure di traverso. Amala così, anche solo per 30 minuti, che ci serve a riscoprirci umani. Fatti di carne, e istinti, e sapori, e odori, così come siamo. Non come appariamo.

Tivvubbì,

Vagina

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