Processo Yara: parla la difesa di Massimo Bossetti

Massimo Bossetti: la difesa attacca le accuse contro il muratore sull’omicidio di Yara Gambirasio.

Massimo Bossetti
Massimo Bossetti

Alle battute finali del processo davanti alla Corte di Assise di Bergamo contro Massimo Bossetti, per l’uccisione della tredicenne Yara Gambirasio, è stato il turno delle arringhe dei difensori del muratore di Mapello.

Ieri in aula, gli avvocati di Bossetti hanno attaccato la tesi dell’accusa secondo al quale la povera Yara sarebbe morta per il freddo e gli stenti dopo essere stata seviziata da Massimo Bossetti e abbandonata nel campo di Chignolo d’Isola, dove il suo corpo fu ritrovato solo tre mesi dopo la scomparsa. “Trascinata nel campo di Chignolo d’Isola, è stata tramortita con un oggetto contundente e ferita con un coltello più volte, l’intento era quello di farla soffrire”, aveva detto la Pm Letizia Ruggieri durante la sua requisitoria, chiedendo per il muratore la condanna all’ergastolo con sei mesi di isolamento diurno.

Per i difensori del muratore, invece, Massimo Bossetti è una persona specchiata, “la sua vita è stata passata al setaccio e non è stato trovato nulla: la sua vita è casa, lavoro e famiglia“, ha affermato l’avvocato Claudio Salvagni durante la sua arringa. “Molti uomini hanno l’attitudine a essere piacioni, a essere provoloni, come si dice, ma questo non fa di loro degli assassini”, ha detto il legale riferendosi ad alcuni comportamenti del suo assistito. “Gli sono state attribuite delle amanti; dove sono queste amanti?. La sua vita è appunto casa, lavoro, famiglia e questi sono i dati concreti, non congetture”, ha insistito. Il riferimento è stato anche alla lettera ‘bollente’ che Bossetti avrebbe scritto in carcere ad una detenuta. In questo caso, ha affermato Salvagni, “è stato toccato il punto più basso”, quando è stata messa agli atti la corrispondenza hot tra Bossetti e la detenuta Gina. Salvagni ha anche definito “tortura” tutta la vicenda giudiziaria a cui Bossetti è stato sottoposto dal giorno del suo arresto, il 16 giugno 2014.

L’avvocato ha anche attaccato il famoso video in cui si vede il presunto furgone di Bossetti aggirarsi intorno alla palestra frequentata da Yara a Brembate Sopra nel tardo pomeriggio del 26 novembre 2010, giorno della scomparsa di Yara. “Si è trattato di un video confezionato come un pacchetto dono, per tranquillizzare la gente, per avere il mostro, il pedofilo, il mentitore seriale”, ha detto Salvagni, accusando anche l’allora comandante del Ros di Brescia, che avrebbe detto “il falso” in aula. Accuse molto pesanti nei confronti di investigatori e inquirenti.

Riguardo alla questione del Dna di Bossetti trovato sul corpo di Yara, invece, questa è stata affrontata solo di sfuggita: “Se abbiamo ragione noi il processo è chiuso, o dobbiamo farlo su quel mezzo Dna?“, ha affermato l’altro difensore di Bossetti, l’avvocato Paolo Camporini.

Le arringhe degli avvocati non sono ancora terminate. La sentenza è attesa per i primi di luglio.

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