Spieghiamo l’Isis ai nostri figli!

Ogni età ha la sua risposta. In linea di massima dobbiamo considerare tre fasce d’età. Quella che arriva fino ai 5 anni, quella dai 6 ai 10 anni e quella dagli 11 ai 13. E’ importante che per ognuna di questa ci sia un approccio differente.

La psicologa infantile e responsabile della sezione Infanzia e Adolescenza del CSTCS di Genova, Giovanna Capello, spiega che per i più piccoli sarebbe necessario evitare qualunque contatto con questo tipo di notizie, ma spesso i genitori non riescono a non parlarne e a guardare i telegiornali davanti ai loro figli. Pensano in buona fede che quei piccoli esserini non siano in grado di capire, ma non è così. Se questo accade è opportuno non rimanere in silenzio davanti ad eventuali domande o per lo meno, se i bambini hanno visto immagini violente e sentito notizie in merito agli attentati è bene fare un esempio del tipo: “Nel mondo ci sono i buoni e i cattivi ma poi i buoni fanno in modo di organizzarsi e siccome i cattivi sono molti meno, i buoni faranno di tutto per avere la meglio, per punirli e metterli in prigione”, aggiunge la dottoressa Capello.

isis2Bambini dai 6 ai 10 anni vanno informati, ma anche protetti. Questa fascia d’età deve capire cosa sta accadendo, nascondere questi fatti terribili è inutile, poiché a scuola sicuramente se ne parlerà, lo vedranno in tv, lo vedranno in internet, ma al contempo è importante la rassicurazione. Il concetto di guerra in senso classico, è un concetto che imparano in fretta, ma non parliamo di guerra soltanto, qui si parla di terrorismo ed è una cosa molto complessa. La dottoressa Capello suggerisce un altro esempio: “Il terrorismo è ad opera di pochi che hanno deciso di destabilizzare il mondo, colpendolo a caso, buttando le bombe. Siccome sono pochissime quelle persone che sono dentro alle organizzazioni terroristiche, le organizzazioni del mondo – e cioè gli Stati, le Nazioni, i presidenti, la Polizia, le autorità – si stanno organizzando per fermarli”. I bambini più son piccoli, tanto più bisogna dirgli in maniera chiara che il male verrà sconfitto prima o poi. I nostri figli amano giocare alla guerra e desiderano vincere, quindi possono capire questo tipo di concetti.

Tutto cambia quando abbiamo figli tra gli 11 e i 13 anni. In questa fase della loro vita, i ragazzini iniziano a mettere in discussione l’onnipotenza dei genitori. Hanno bisogno di sentirsi dire la verità, che le cose sono gravi e che l’unico modo per contrastare la tragedia del terrorismo e la brutalità di questo di guerra è quello di informarsi. Si possono leggere insieme degli articoli di giornale, testi di approfondimento, una cartina geografica, spiegare chiaramente quello che sta succedendo, magari anche con l’aiuto della scuola. Essendo nell’età puberale, è importante stare molto attenti a quello che si dice del nemico, perché viviamo in una società multiculturale e magari il ragazzo islamico può essere il compagno di banco dei nostri figli.

A cosa dobbiamo stare attenti noi genitori?

La reazione dei bambini più piccoli può essere il pianto ed è normale. La dottoressa Capello aggiunge “Se il bambino piange può essere consolato e rassicurato, dicendogli che i terroristi verranno puniti. Piangere è giusto, perché si piange per la morte di persone innocenti e si piange di dolore, non di paura”. Se invece la reazione sarà silenziosa occorre valutare bene quale approccio utilizzare: “Quando il bimbo si chiude in se stesso ci vuole flessibilità nel captare cosa sta accadendo. Spesso c’è una difficoltà nel chiedere spiegazioni sul tema, c’è imbarazzo, ci si tiene tutto dentro.  A volte possono comparire degli incubi notturni, per esorcizzare l’ansia”. La cosa migliore da fare è ovviamente quella di cercare un dialogo col bambino.

Diverso è con i ragazzini più grandi. “E’ normale e accettabile una ricerca di silenzio, dei momenti di ritiro nella propria stanza”. Per aiutarli, anche qui entra in campo il dialogo: “Più parlano, più vogliono sapere, più sono spaventati, più hanno bisogno di vedere che i genitori sono interessati alla loro paura e vogliono aiutarli, più le cose si risolvono”.

Fonte: nostrofiglio.it

Impostazioni privacy