La violenza sulle donne raccontata da chi l’ha realmente vissuta

La testimonianza di BEATRIX

Questa è la mia storia. Ho 32 anni. Il 24/01 ne compio 33. Ho due figli maschi di 6 e 8 anni. Dal 2012 sono separata. L’8 settembre 2013 fu distrutta la mia vita. Un uomo che non ha ascoltato il mio no. Urlavo e piangevo. A lui non importava. Da allora è tutto complicato. Questo anche perché non denunciai l’accaduto. Ho dovuto aspettare quasi due per un posto in terapia.

Per poter funzionare, io, devo prendere antidepressivi. Passo dopo passo per tornare a vivere.

Continuate a leggere le storie di queste donne. VERENA, fermamente convinta che le donne sono colpevoli dei loro stupri. SUSANN, scampata al peggio grazie ad un uomo coraggioso.

La testimonianza di VERENA

Lo ammetto, prima la pensavo diversamente. Pensavo che le donne stuprate se l’erano cercata. Però poi ho vissuto un’esperienza simile. Mi sono colpevolizzata per tanti anni, non ne ho mai parlato con nessuno, di quello che mi aveva fatto quell’uomo che conoscevo e che consideravo un amico.

Ed è stato proprio lui che ha voluto farmi credere che è sempre colpa della donna se succede una cosa simili. Però no, nessuna donna ha colpa se viene stuprata o subisce altra violenza o maltrattamenti. Pensato soltanto una volta a una cosa che non volete assolutamente, per cui però venite costretti. Pensate a come vi sentite, se siete inermi e vi fanno pure sentire in colpa.

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La testimonianza di SUSANN

Ancora 4 fermate. Poi sarò arrivata. Leggevo, come sempre, le notizie sul mio smartphone. Entrarono 6 uomini. Completamente ubriachi e puzzolenti. Nel vagone erano sedute 7 persone, era domenica mattina ore 7.30, quindi posti liberi, tanti posti liberi. Ero l’unica donna nel vagone. E così, improvvisamente, tre di questi uomini si erano seduti vicino a me e sogghignavano.

Emanavano un puzzo insopportabile, come quello che avevo già odorato durante il mio turno notturno come infermiera. E così cambiai posto. In fondo c’era tanto spazio. Purtroppo però quegli uomini si sentirono offesi, inveirono contro di me definendomi razzista. Erano uomini di colore.

Tentai di spiegare loro che del colore delle pelle non mi importava, ma della puzza si. E così prese il via il cambio posto, ben tre volte cercando di trovare aiuto negli altri passeggeri. Questi mi ignoravano e ignoravano proprio quello che stava succedendo. Alcuni guardavano, visibilmente scioccati, altri invece non guardavano nemmeno.

Ancora due fermate e nel frattempo non avevo idea come uscire incolume dalla situazione. Era seduti così vicino a me, qualcuno anche addosso, che mi venne in mente un’unica soluzione. Parlare era inutile.

Pian piano, il mio pregarli si trasformò in pianto dirotto e convulso. Non sapevo quali fossero le loro intenzioni.

All’improvviso sentii una mano. Un uomo stava tentando di tirarmi fuori da lì e gli riuscì. Una fermata prima di dover scendere riuscii a cambiare vagone. Alla mia fermata poi dovevo fare in modo di non farmi vedere assolutamente.

La mia gratitudine per quell’uomo non ha fine. E tutt’oggi non sono razzista, anche se quando vedo qualche uomo di colore la paura mi assale. A proposito, il mio salvatore è un albanese!

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