La violenza sulle donne raccontata da chi l’ha realmente vissuta

La testimonianza di FRAUKE HEESING

“La mia storia potrebbe essere considerata una bazzecola rispetto alle esperienze di altre donne, ma non mi abbandona. Non sono stata stuprata (per grazia di Dio), ma umiliata. Era l’estate scorsa, ad un concerto. Lavoravo in uno stand che vendeva cibo e dopo un turno lunghissimo, stava per esibirsi uno dei miei DJ preferiti, andai al bar con degli amici.

Sono astemia, per cui li aspettavo un po’ più distanti, ma comunque con lo sguardo rivolto al bancone.

All’improvviso ho sentito una mano sotto la mia gonna, è stato un attimo e non molto intenso il tocco, poteva essere interpretato anche come uno sbaglio, forse.

Ci ho messo qualche secondo a realizzare il fatto che qualcuno si era arrogato il diritto di mettermi una mano sotto la gonna. Quando mi sono girata non c’era più nessuno. Questa persona ha proseguito il suo cammino, senza una parola. Ero scalza, faceva caldo, ma gli corsi dietro: “Fermati, brutto stronzo, cos’hai fatto?” Ho gridato talmente forte finché non si sono fermate anche altre persone, ma nessuno è venuto in mio soccorso. Lui continuava a camminare finché non lo raggiunsi, lo presi per una spalla e lo costrinsi a girarsi per affrontarlo. La sua reazione: “Che ti arrabbi così tanto, tutto sommato non è stato poi così male.”

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Mi rimprovero ancora oggi di non avergli suonato un bel ceffone o dato un calcio nelle parti intime, ma ero come paralizzata, tremavo in tutto il corpo, e lo faccio tuttora mentre sto scrivendo queste righe.

Forse, ancora peggio, fu la reazione delle mia collega, quando le raccontai l’accaduto “Ma dai, prendilo come un complimento” disse ridendo. Da qui nasce la consapevolezza che la nostra società ha un problema di sessismo radicato profondamente.

Sono una donna forte, nella ventina e sto facendo un corso di autodifesa, ma da allora mi guardo sempre alle spalle quando vedo un uomo dietro di me sulla scala mobile.

No, essere toccate sessualmente, senza volerlo, non è un complimento. E’ umiliante e intimidatorio e lascia segni, ogni volta.

E sì, è brutto, serve a far sentire piccola una donna, a limitare la nostra libertà. Consapevolmente o inconsapevolmente, questo è uno dei motivi di molestie e inizia già nel piccolo, con i tanti fischi in un parco o il fissare in una metropolitana.

Spero che non accada più, e se dovesse accadere, di non essere più paralizzata dalla paura, ma di aver la lucidità di reagire, come dovrebbe fare ogni donna: un bel calcio lì dove fa più male!”

La testimonianza di SINA

Nel 2010 sono stata drogata e stuprata dal mio stesso collega di lavoro. Prima di allora c’erano stati episodi di molestie sessuali verbali. Quando volevo esporre denuncia, sono stata respinta dalla polizia di Siegen e Wilnsdorf.

Ma la situazione doveva peggiorare ancora. Quando decisi di rassegnare le dimissioni, mi fu dato un tesserino per diversamente abili nuovo di zecca. L’ufficio integrazione rifiutò le mie dimissioni. Secondo loro avevo problemi di condotta e l’aggressore un diritto maggiore di protezione e mantenimento del posto di lavoro, anziché io il diritto di decisione sulla mia vita sessuale.

Essendo sulla sedie a rotelle ho avuto anche io il piacere di avere un’esperienza di sesso, questo mi fu detto. Ci sono stati anche altri abusi nella mia vita, ma questo è stato il peggiore di tutti. Incluso l’umiliazione subita dalle autorità.

La testimonianza di RAYA

Ho 19 anni. Ho un rapporto molto disturbato con la sessualità. Anche verso il mio corpo e verso gli uomini.

Attraverso i media e ragazzi ho imparato che il sesso è importante, il sesso è un dovere.

La mia infanzia è piena di violenza. Mia madre, i figli dei vicini, addirittura insegnanti. All’età di 11 o 12 anni mi sono resa conto che il sesso poteva esistere anche senza violenza. L’unica cosa che dovevo fare, era spogliarmi. Ho chattato con pedofili, a 14 anni inviavo video e foto di me stessa. Chi mi voleva, poteva avermi. Sempre, dappertutto.

Oggi tento, dopo svariate terapie, di uscirne fuori. Di uscire fuori da questa concezione. Però quando vedo tutte quelle donne seminude in TV, oppure mi fissano nella metropolitana o tentano un approccio e l’uomo diventa iroso se dico di no e devo subire offese, corro ogni volta il rischio di cadere nella stessa trappola e farmi risucchiare dal vortice.

Alla pagina successiva potrete leggere le storie di BEATRIX, VERENA E SUSANN. Sicuramente diverse tra di loro, ma in comune la stessa parola: violenza.

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