Zuckerberg e l’1% di un padre a suo figlio

La risposta alla maxi donazione di Zuckerberg da un padre migrante. La storia da CheDonna.it.

Migranti (GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images)
Migranti (GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images)

Alcuni giorni fa il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, aveva annunciato la nascita della figlia Max, avuta dalla moglie Priscilla Chan, prendendo una decisione che ha sorpreso molti: donare il 99% delle sue azioni di Facebook per contribuire a migliorare il mondo in cui la figlia dovrà vivere, sostenendo progetti a favore dell’istruzione, per dare un futuro a tanti bambini come sua figlia, e ampliando l’accesso ad Internet per tutti quelli che ne sono esclusi. Una maxi donazione in beneficenza che dovrà sarà impiegata anche nella lotta ad alcune malattie. Insomma un grane gesto di generosità che vedrà una cessione progressiva nel corso degli anni di quote della società da parte di Zuckerberg e di sua moglie Priscilla. Un gesto eclatante e anche un piuttosto furbo dal punto di vista della comunicazione. Per ora una azzeccatissima operazione di marketing per alzare la reputazione di Facebook e del suo fondatore, che ha già guadagnato tanti di quei soldi da stare bene lui e diverse generazioni che lo seguiranno. Sarà tutto da vedere a quanto corrisponderà questo 99% di azioni Facebook, se si tratterà davvero di una donazione di 45 miliardi di dollari, come è stato detto (da tutti ma non da Zuckerberg che ha dato solo una percentuale), e soprattutto se e quando sarà versata. Per ora abbiamo la lettera d’intenti.

A questa generosità così platealmente esibita fa da contraltare la lettera di un padre migrante al figlio rimasto nel suo Paese, la Libia. L’uomo si chiama Ahmed, ha 33 anni, ed è arrivato in Italia un mese fa, a bordo di uno dei tanti barconi che solcano il Mediterraneo. Il giovane uomo è ospitato nel centro di accoglienza Baobab, a Roma, centro che sta per essere chiuso. Ahmed ha scritto una lettera a suo figlio Mohamed, 2 anni, per spiegargli qual è il suo 99 e il suo 1 per cento e nella speranza che il bambino possa avere una vita migliore della sua.

La lettera è stata pubblicata dal magazine Vanity Fair. La potete leggere qui di seguito.

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