LIBRI: ‘Il libro del jazz’

bc4c7f5c-8a37-4539-ac3b-bbb173928efcOggi, la redazione di CheDonna, per la categoria Libri, vi presenta una novità: Il libro del jazz. Dal Ragtime al XXI secolo di Joachim-Ernst Berendt.

Non c’è alcun dubbio: Il libro del jazz di Berendt, uscito per la prima volta in Italia nel 1979, è un must read per gli appassionati del genere. Non solo perché il musicologo dalla poliedrica esperienza (è stato conduttore radiofonico, produttore, critico, direttore artistico del pregiato Festival Jazz di Berlino) ha fatto storia con questo completissimo bestseller, ma anche perché ha interpretato con le sue riflessioni l’anima stessa del jazz.

Nato dall’incontro dei neri con la musica europea avvenuto negli Stati Uniti d’America nei primi decenni del Novecento, il jazz è un fatto culturale da interpretare e riscoprire. L’appassionante e appassionato parallelo tra periodo storico e sottogenere del jazz è una delle linee concettuali più esplicite del volume: “la spensierata gaiezza del Dixieland corrisponde all’epoca precedente la Prima guerra mondiale. Nello stile di Chicago si riflette l’inquietudine dei roaring twenties. Lo stile Swing esprime la sicurezza e la massiccia standardizzazione della vita prima della Seconda guerra mondiale, e, come dice Marshall Stearns, il love of bigness, così tipicamente americano e in fondo molto umano. Il bebop contiene l’inquieto nervosismo degli anni Quaranta. Il cool jazz risente molto della rassegnazione degli uomini che vivono bene e che sanno che si sta costruendo la bomba all’idrogeno. L’hard bop è pieno di protesta, che la moda della musica funk e soul ha reso però subito conformista; da qui la protesta nel free jazz assorbe la violenza senza compromessi, spesso rabbiosa, dopodiché inizia nel jazz degli anni Settanta una nuova fase di consolidamento, non nel significato di rassegnazione ma di saggezza conquistata con il dolore.”

E l’era presente?

La tesi di fondo di Berendt è racchiusa in poche righe: “Tutti gli sviluppi operati dalla globalizzazione odierna, descritti dagli antropologi culturali con termini come ibridizzazione, creolizzazione, bastardizzazione, sono sempre esistiti nel jazz […]” Impagabili le previsioni sul jazz del futuro che secondo l’autore sarà un mélange culturale totale: “La musica del futuro sarà una miscela ibrida e colorita, uno standard creato soprattutto da richiedenti asilo, rifugiati e migranti.”

Il cerchio si chiude: se il jazz stesso nasce dal connubio tra musicisti neri americani e musica europea, il suo futuro è già inscritto in questo passato e mai come nell’“era delle migrazioni”, la nostra, i musicisti migliori sono apolidi o comunque hanno influenze musicali ibride.

Ma la tesi di fondo di quest’opera monumentale non deve eclissarne l’ispirazione enciclopedica: si analizzano con ordine gli stili (cronologicamente), i musicisti, gli elementi, i cantanti, le big band e i piccoli complessi. Una folta messe di aneddoti completa la trattazione sistematica di tutti questi argomenti.

Preziosa la folta introduzione di Luca Cerchiari che approfondisce la storia del volume nella critica jazz e la vita di Joachim-Ernst Berendt e Günther Huesmann, il coautore, che ha gestito gli aggiornamenti. Il famoso musicologo italiano dichiara un debito nei confronti di questo libro, fondamentale per la sua carriera.

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