CARO AVVOCATO: divieto di patto di quota lite per gli avvocati

togaL’avvocato Sara Testa Marcelli risponde:

Nell’anno 2006 il “decreto bersani” ha abolito una dei pilastri relativi al rapporto tra cliente ed avvocato: il c.d. patto di quota lite.

L’art. 2233, III comma, del Codice Civile, nella formulazione precedente alle modifiche introdotte con il provvedimento sopra citato, prevedeva difatti  il divieto per gli avvocati, i procuratori e patrocinatori di stipulare patti relativi “ai beni che formano oggetto delle controversie affidate al loro patrocinio sotto pena di nullità e dei danni”. La ratio del divieto è sempre stata individuata nell’esigenza di tutelare l’interesse del cliente nonché la dignità e la moralità della professione forense, impedendo la partecipazione del professionista agli interessi economici esterni della prestazione.

Successivamente, la disciplina è stata nuovamente modificata dalla Legge n. 247/2012 con la quale si è stabilito che, nonostante la pattuizione dei compensi sia libera, “sono vietati i patti con i quali l’avvocato percepisca come compenso in tutto o in parte una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa”, reintroducendo così il divieto del c.d. patto di quota lite.

Si precisa comunque che la nullità del c.d. patto di quota lite si riferisce esclusivamente all’attività svolta da professionisti abilitati al patrocinio in sede giurisdizionale e non anche all’attività amministrativo-contabile svolta da altri professionisti relativi a materie di natura fiscali, ivi compresi eventuali compensi espressi in percentuale rispetto a sgravi fiscali ottenuti.

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