CARO AVVOCATO: diffamazione su facebook

Facebook-layouts-blog-postL’avvocato Sara Testa Marcelli risponde:

Ai fini della integrazione del reato di diffamazione, anche a mezzo di Internet, è sufficiente che il soggetto la cui reputazione è lesa sia individuabile da parte di un numero limitato di persone indipendentemente dalla indicazione nominativa”. E’ quanto stabilito da una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione in materia di sussistenza del reato di diffamazione su Facebook.

Il  caso posto all’attenzione riguarda una frase diffamatoria di un collega nei confronti del nuovo arrivato, il quale, pur non essendo indicato nominativamente, veniva etichettato come “raccomandato” e “leccaculo”.

In un post difatti l’imputato si era sfogato del recente demansionamento scrivendo frasi di carattere offensivo nei confronti del nuovo collega, individuabile da tutti gli altri colleghi di lavoro.

La Suprema Corte non ha dubbi sulla configurabilità nel caso in questione del reato di diffamazione in quanto l’imputato non si è limitato ad attribuire al suo successore le qualifiche obiettivamente negative di “raccomandato” e “leccaculo”, ma ha collegato tali caratteristiche alla successione del predetto nella funzione di comando in precedenza ricoperta dall’imputato. Di conseguenza l’imputato ha in modo implicito, ma univoco, affermato che il successore nella sua funzione di comando era subentrato soltanto per dette qualità negative ponendole, quindi, in collegamento funzionale con un fatto concreto e, quindi, determinato. Inoltre non v’è dubbio sul fatto che la pubblicazione della frase indicata nell’imputazione sul profilo del social network “Facebook” rende la stessa accessibile ad una moltitudine indeterminata di soggetti con la sola registrazione al social network ed anche per le notizie riservate agli “amici” ad una cerchia ampia di soggetti.

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