CINEMA: Intervista a Richard Grandpierre, produttore del film “La bella e la bestia”

1505583_590162694407831_477793054_n“La Bella e la Bestia” segna il suo ritrovo con Christophe Gans dopo “Il patto dei lupi”. Cos’ha fatto nel frattempo?

Dodici anni… subito dopo “Il patto dei lupi”, siamo partiti col progetto de “Bob Morane” che non ha attecchito per varie e diverse ragioni. Da parte sua, Christophe ha sviluppato parecchi progetti con altri produttori, ha realizzato “Silent Hill”, mentre io ho prodotto una decina di film. Ma noi non ci siamo mai persi di vista. Il vantaggio tra noi è che il mio ufficio si trova a 50 metri da casa sua, quindi era abbastanza facile trovarsi a parlare della vita in generale, e soprattutto di cinema. Un giorno mentre immaginavamo quello che avremmo potuto fare insieme, lui mi ha parlato della sua idea di adattare un grande classico della letteratura francese. Ma subito ci siamo accorti che c’era già un progetto simile negli Stati Uniti. Abbiamo dunque riflettuto su un’altra idea. La mia idea era di fare una grande storia d’amore e un bel film popolare, nel senso buono del termine. E subito, nello stesso weekend, entrambi abbiamo avuto la stessa idea allo stesso tempo. Sarà “La Bella e la Bestia”. Ne avevo voglia quanto lui. Il vantaggio con Christophe è che, oltre ad essere un grande regista, è anche un vero amante del cinema ed ha un modo straordinario di raccontare le storie… le sue storie. Coinvolge tutti. Il modo in cui mi ha parlato de “La Bella e la Bestia” era magico. Con Sandra, la sua co-sceneggiatrice, hanno subito trovato il nuovo punto di vista per rendere attuale questa storia che tutti conoscono.

Fino a che punto il progetto è stato difficile da realizzare?

Anche se si trattava di un budget importante, le cose sono state relativamente veloci. Ne ho subito parlato a Jérôme Seydoux e alla sua équipe di Pathé. Il progetto piaceva. È il lato positivo di lavorare con Jérôme: se un progetto gli piace, risponde quasi all’istante. La fase di scrittura è stata altrettanto rapida, più del normale. Da una trattazione di dieci pagine che Christophe aveva scritto con Sandra Vo-Ahn, si è arrivati velocemente a una versione molto soddisfacente della sceneggiatura, che era molto corta per la cronaca: neanche 90 pagine. Era molto coerente, molto bella, e trovavo molto originale la loro idea di spiegare perché il principe diventa una bestia. È una cosa che non viene mai spiegata nelle altre versioni. Prima ancora che ci fosse la trattazione, ho chiamato Vincent Cassel per chiedergli se gli andava di fare la parte non della Bella, ma della Bestia!!! Ha detto subito si. Lo eccitava, ne aveva voglia. Anche Léa è arrivata rapidamente. Noi non la conoscevamo, a parte per la sua carriera abbastanza specifica, avendo cominciato nel cinema d’autore. Io non avevo pensato a lei immediatamente, finché non l’ho vista in una magnifica pubblicità di Prada, nella quale aveva un abito rosso ed era abbastanza diversa dall’immagine che si ha di lei normalmente. Dissi a Christophe: «Perché non lei?». Ancora una volta l’accordo è immediato. L’abbiamo chiamata, e quando è entrata in ufficio, lo irradiava. L’ho trovata bella come non l’avevo mai vista, sorridente, abbastanza «pazzerella», molto lontana quindi dall’idea che avevo di lei. In ogni caso, per me e Christophe non c’era alcun dubbio sulla scelta. Tanto alcuni progetti sono lunghi e complicati da montare, tanto questo qui è stato fatto velocemente. Abbiamo iniziato a girare grossomodo un anno dopo la prima stesura, quindi abbastanza rapidamente per questo tipo di film. Ho avvertito un’adesione generale per quest’associazione Seydoux/Cassel/Gans/La Bella e la Bestia. Doveva succedere. Poi, non dico che questo tipo di film sia facile da produrre, ci sono sempre delle fasi di euforia e altre più complicate per tante ragioni, spesso legate all’aspetto economico d’altronde. In questi casi, il morale viene sempre colpito, ma con Christophe e Frédéric Doniguian, il mio fedele produttore esecutivo, siamo sempre andati avanti con serenità. Eppure non è stato tutto semplice. Produrre Christophe Gans non è certo riposante. È un lungo processo per arrivare a consentirgli di realizzare il film che desidera, che noi desideriamo… e trovare i mezzi necessari per farlo. Tutto si è svolto con armonia e intelligenza… e un po’ di tensione, non lo nascondiamo. Fare un film quasi unicamente col green-screen, con il 90% de VFX, di personaggi in 3D, il volto della Bestia digitale, etc… porta parecchi momenti di stress perché per vedere i primi risultati ci vogliono mesi. Ci sono lunghi momenti di dubbio e di ansia. Bisogna avere fiducia in tutti e affidarsi agli Dei del Cinema affinché tutto avvenga come previsto.

Ad ascoltarla, sembra sia andato tutto liscio come l’olio, ma c’è comunque una parte di rischio?

Diciamo che di sicuro non c’è nulla! Prima di tutto, credo che una cosa rassicurante sia che tutti conoscono la storia. Quindi forse perdiamo di originalità, ma non possiamo certo dire che arriviamo con un progetto sconosciuto. Allo stesso tempo, trovo che ci sia anche un non so che di singolarità a proporlo di questi tempi nel cinema francese. Poi, c’è effettivamente un rischio: sarà il pubblico così curioso da andare a vedere un’ennesima versione de “La Bella e la Bestia”, visto che ne conosce l’inizio, lo svolgimento e la fine?
Là in alto c’è la versione di Cocteau, la commedia musicale, con l’uscita di “Biancaneve”, “Maleficent” e “Alice nel paese delle meraviglie”. Non siamo certo i primi a realizzare trasposizioni di fiabe. Spero però che il pubblico possa essere sensibile al fatto che “La Bella e la Bestia” è un grande film francese, fatto da francesi, in francese, con i principali collaboratori artistici francesi, e credo con effetti speciali degni di questo nome.
L’avrete capito, amo l’idea che sia francese. E poi, ora che va di moda criticare il nostro cinema da parte di persone che non ne capiscono granché, spero che il nostro film, ed anche altri, proveranno che siamo un grande paese di produzione cinematografica. Comunque sia, è proprio questo che mi esalta, che mi spinge ad assumere tutti questi rischi e seguire Gans fino alla fine, o quasi… Ho l’impressione di non fare qualche cosa di banale, al mio umile livello.

Quali sono i vantaggi e gli inconvenienti di fare un film per tutti? 



Come prima cosa, non è vietato ai minori di dodici anni, come fu per “Il patto dei lupi”. Oggigiorno i grandi successi del cinema sono di nicchia: c’è il film per bambini come “Frozen – Il regno di ghiaccio”, il film per adolescenti “Fast and furious”, c’è il film per gli alternativi, il film per gli anziani… Mi piacerebbe che mia madre potesse andarci con mia moglie e mia figlia, ma anche che piacesse a mio figlio e ai suoi amici, perché anche se è una grande storia d’amore con un’eroina che ha degli abiti magnifici, l’universo di Christophe fa si che ci sia dell’azione, dei giganti, un universo leggendario. Che sia transgenerazionale, appunto! Quando diciamo un film per tutti, è uno spirito, non un calcolo.

Girare a Babelsberg è stata una scelta dettata da ragioni puramente economiche?

Non solo. Quando abbiamo contattato gli Studios, sapevamo che non c’erano altre riprese in corso, e che di conseguenza i migliori tecnici sarebbero stati disponibili di occuparsi solo di noi. Inoltre, il luogo permetteva di avere tutti gli studi di cui avevamo bisogno in un periodo di tempo preciso. Tra la prima e la seconda équipe, i fondi verdi e blu, le decorazioni per la scenografia, avevamo 7 o 8 set a disposizione simultaneamente. Non nascondiamo, comunque, che fare un film da noi sarebbe stato un po’ più complicato. All’epoca lo studio di Luc Besson non esisteva ed è vero che Babelsberg offriva delle condizioni economiche interessanti.

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