CINEMA: Intervista a Lee Daniels, regista del film “The butler – Un maggiordomo alla Casa Bianca”

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Il regista candidato Oscar Lee Daniels ci parla del suo ultimo film “The butler – Un maggiordomo alla Casa Bianca” con Forest Whitaker, Oprah Winfrey, John Cusack, Jane Fonda, Cuba Gooding Jr., Terrence Howard, Lenny Kravitz, James Marsden, David Oyelowo, Vanessa Redgrave, Alan Rickman, Liev Schreiber, Robin Williams, Alex Pettyfer e Mariah Carey. Un cast stellare per raccontare la tenacia e la determinazione di un uomo che ha avuto il coraggio di cambiare il suo passato e il futuro di un paese.

Qual è stata la genesi del film e della collaborazione con il produttore Laura Ziskin?
Avevo ricevuto la sceneggiatura del film da Laura Ziskin, un produttore che tengo in alta considerazione e che ora non c’è più. La adoravo e ho adorato l’idea del pezzo scritto da Wil Haygood sul Washington Post del quale Amy Pascal della Sony aveva acquistato i diritti. Ero emozionato poiché era il periodo subito dopo PRECIOUS e avevo trovato fantastico lavorare con Laura. La scelta era tra me e un altro regista molto famoso; lei scelse me. Mi capiva – poche persone riescono a essere sulla mia stessa lunghezza d’onda – lei sì, e io me ne innamorai letteralmente. Laura mi chiamava alle 3:00 della mattina per darmi le sue note sulla sceneggiatura. A quel tempo scrivevamo la storia per la Sony. A un certo punto pensai che la storia fosse scritta per Denzel, ma alla fine rifiutò il ruolo di protagonista, così come fece Will Smith. Quando portammo la sceneggiatura a Amy Pascal, lei la adorò, era entusiasta sia di me che del film ma alla fine i soldi a disposizione erano sufficienti. Laura non era mai andata in giro a raccogliere fondi per i film poiché aveva sempre lavorato agli Studios. Le dissi: “Io vengo dal mondo del cinema indipendente, ti mostrerò io come si fa.” E quindi siamo andati in giro per ottenere i finanziamenti per il film. In quel periodo Laura si ammalò. Faceva avanti e indietro con l’aereo per aiutarmi sulla parte creativa e per raccogliere fondi. Una volta venne da me a New York per una settimana. Lavoravamo nel suo hotel nell’Upper East Side perché era troppo malata per uscire. Il martedì successivo torno a casa a Santa Monica. Aveva trovato una donna di colore che aveva appena vinto alla lotteria e voleva investire nel film. Quel giorno le chiesi: “Ma come hai fatto? Ci siamo visti giusto un paio di giorni fa e tu hai già trovato un altro investitore. Sei una “criminale”!” Mi rispose che stava semplicemente imparando da me. Parecchi giorni dopo entrò in coma. Se ne andò domenica pomeriggio. Questo film è per lei. Credeva in me più di quanto io stesso facessi. Non pensavo di poter fare qualcosa di così grandioso: è davvero un grande film, è un film sul movimento per i diritti civili che ha abbracciato più generazioni. Nessuno tra gli Studios lo voleva fare, nemmeno dopo il successo di PRECIOUS e dei soldi che aveva incassato. Ma Laura sapeva che potevamo farlo. Pam Williams, che dirige la società di Laura, mi ha aiutato a trovare tutti i fondi che mancavano.

Manifesto_TheButlerPerché ha deciso di fare questo film? Perché la storia era così importante per lei?
La storia mi interessava perché non avevo mai visto un film che raccontasse la storia del movimento per i diritti civili dal suo inizio fino all’amministrazione di Obama attraverso gli occhi di un padre e di un figlio. Questo film dà una prospettiva su cose che la gente ha vissuto sulla propria pelle come me e che ci ha consentito di fare cose come votare. Ciò che era importante per me è che va oltre il bianco e il nero, perché è una storia padre-figlio prima di essere una storia sui diritti civili. Trascende la razza, trascende l’America, è universale. Non è solo una lezione di storia, ma piuttosto è la storia di una famiglia. Un’altra cosa che ho molto amato di questa storia è che il padre assomiglia molto al mio. Quest’uomo, Cecil, assiste all’uccisione di suo padre in una piantagione dopo la fine della schiavitù. Ha una visione differente su come comunicare con i bianchi, così come l’aveva mio padre. Va alla Casa Bianca per lavorare come maggiordomo perché sente che quello è il suo modo di servire il suo paese. Cecil è orgoglioso del suo lavoro e di poter sostenere la famiglia mentre suo figlio, al contrario, ne è imbarazzato. Il maggiordomo ha visto suo padre venir ucciso per essersi rivolto ad un uomo bianco, pertanto non conosce altro modo se non quello di essere riverente e di servire. Suo figlio, invece, ritiene che ci sia un modo diverso di vivere. Inizialmente segue i principi di resistenza passiva di Martin Luther King e marcia per il diritto di voto. Dopo l’uccisione di MLK realizza che il metodo passivo non funzionerà. Così la sua attività diventa più
militante e si unisce prima a Malcom X e poi alle Pantere Nere. In tutto questo suo padre è in disaccordo con le sue posizioni perché lavora non solo per un uomo bianco, ma per il Presidente Degli Stati Uniti alla Casa Bianca. La questione nasce su chi ha ragione e chi ha torto. In pratica, è servendo i presidenti e adottando un atteggiamento passivo, facendo sì che i bianchi ti accolgano e si fidino di te, che si favoriscono e promuovono le persone di colore? O è più giusto protestare, marciare, parlare apertamente ed essere disposti a morire per ciò in cui si crede? Sono queste domande che mettono in contrasto Cecil e suo figlio, ed è stato questo elemento che mi ha fatto venire voglia di avventurarmi in questa storia con grande passione, esattamente come per PRECIOUS.

Questo film è diverso da tutti i suoi film. Ci sono differenze nell’approccio che ha adottato in questo progetto rispetto agli altri su cui ha lavorato?
Questo è il film più difficile che abbia mai diretto. Nella mia vita ho compreso presto che il modo in cui io vedo il mondo è differente da come lo vede la maggior parte della gente. Nel film non c’è nessun contenuto sessuale, poche parolacce e la violenza è al minimo, anche se abbiamo a che fare con un periodo storico molto cruento. Come regista ho dovuto trattenermi e sono orgoglioso di questo. Ho avuto una grande squadra e un incredibile cast di attori che mi hanno aiutato a limitarmi perché sanno che sono uno spirito libero. Accolgo le persone che accolgono me e il mio modo di pensare e lavorare. Non nascondo che è difficile fare un film senza divieti essendo Lee Daniels, ma ce l’abbiamo fatta.

Come è stato lavorare con Forest Whitaker?
Credo che le persone che hanno sempre fatto questo lavoro e che sono molto sicure di sé sono in verità le più umili. Forest in particolare è probabilmente l’attore più umile con cui io abbia mai lavorato in tutta la mia vita. Quanti premi Oscar® sono disposti a venire ad un provino? Ha fatto esattamente ciò che ho chiesto. Ed è così che sai di avere un attore che è sicuro di sé – fa quello che chiedi, senza domande. Molti attori non realizzano che devono affidarsi al regista: è un dono raro. Lui e Oprah sono stati meravigliosi nei panni di Cecil e Gloria. Forest ha portato una tale eleganza, classe e vulnerabilità al personaggio di Cecil che non credo nessuno avrebbe potuto fare altrettanto. Aveva una tale capacità di far crescere Cecil, di farlo cambiare fino a vedere la luce.

Ci dica qualcosa sul personaggio di Oprah, Gloria Gaines, la moglie di Cecil.
Adoro le donne, sono così complicate e bellissime da studiare. Le donne di colore sono affascinanti da analizzare per come hanno saputo evolversi dalla schiavitù, trasformarsi e adattarsi. Avevamo bisogno della voce di una donna nella sceneggiatura del film, di
una donna complicata come mia madre o le mie zie o semplicemente come le vicine di casa che ci tengono d’occhio mentre cresciamo. Ecco perché il personaggio di Oprah, Gloria, è complesso. Avrebbe dovuto avere una storia extraconiugale poiché Cecil, suo marito, non era mai presente, avrebbe dovuto bere molto e fumare troppe sigarette. Io penso che la complessità è ciò che rende la vita interessante e quindi una storia interessante. I Gaines non sono Huxtables (stereotipo della famiglia nera borghese che imita i bianchi). Non che gli Huxtables siano cattivi, ma sono persone complicate perché vengono dalla schiavitù. La razza è un fatto complicato. Nel film Cecil e Gloria hanno due figli. Uno, Charlie, è in Vietnam perché questo è il suo modo di servire il Paese. L’altro, Louis, collabora con MLK, Malcom X e le Pantere Nere. Il film esplora le conseguenze e gli effetti di queste situazioni sulla famiglia Gaines. Avere entrambi i figli in guerra, uno all’estero e l’altro nel paese, fa sì che la madre, Gloria, perda il controllo.

Come è stato riportare Oprah a recitare dopo un così lungo periodo di assenza?
Ha lavorato con me in PRECIOUS come produttore esecutivo. Dopo quel film le dissi che avrei voluto lavorare ancora con lei ma come attrice poiché ritengo che abbia un incredibile talento. Volevo che facesse qualcosa che desse una scossa, che facesse parlare. Quando le parlai del film, l’idea le piacque e così andai avanti scrivendo e sviluppando il personaggio per lei. Si è lanciata sulla parte e sono felice che l’abbia fatto. Quando lavori con un attore devi poter avere una fiducia incondizionata. Non posso girare una scena se non ho la fiducia dell’attore: è una forma d’arte, come danzare o dipingere un ritratto. Con Oprah in particolar modo; non aveva più lavorato come attrice da molto tempo quindi era snervante avere la responsabilità di farla essere brava tanto quanto lo era stata ne IL COLORE VIOLA (THE COLOR PURPLE), era stata geniale in quel film. Il suo primo giorno sul set Oprah è arrivata sfoderando tutte le sue armi. Fu meraviglioso. Rispettava la fila per il catering come chiunque altro, non si considerava differente dagli altri attori. Oprah è una miliardaria ma sul set si comportava come se non lo fosse. Ogni giorno è venuta da sola, senza il suo entourage ed è stata sempre molto collaborativa e di sostegno. Sul set era come un “killer professionista” che fa il suo lavoro; veniva e si dedicava al personaggio di Gloria come fa un attore. Non vedo l’ora di lavorare nuovamente con lei.

Cosa significa lavorare ad un film con un cast così importante?
Lo ammetto: è stata dura perché normalmente lavoro a film che si svolgono in un momento preciso nel tempo – un estate, un anno, e così via. La storia di THE BUTLER-UN MAGGIORDOMO ALLA CASA BIANCA invece, si svolge in decenni. Avevo una star dietro l’altra da dirigere. Abbiamo iniziato con Robin Williams, poi Vanessa Redgrave e quindi a seguire Mariah Carey, Lenny Kravitz, Cuba Gooding Jr., Oprah Winfrey, Forest Whitaker e Terence Howard. Per ottenere il massimo dalle persone devi spendere del tempo con loro. Non solo devi essere sulla stessa pagina, devi essere sulla stessa sillaba. Il tempo è denaro e di soldi non ne avevamo molti, quindi è stato davvero difficile. Ma gli attori erano davvero innamorati del film e sono entusiasta di ciascuno di loro. Penso che Jane Fonda sia fantastica nei panni di Nancy Reagan; credo che Alan Rickman sia incredibile nel ruolo
di Ronald così come Alex Pettyfer e David Banner. Scegliere gli attori per i ruoli dei presidenti è stato difficile perché volevo evitare che il pubblico pensasse “guarda John Cusack che interpreta il Presidente Nixon” oppure “guarda Robin Williams che fa Eisenhower” o ancora “guarda James Marsden che fa Kennedy”. Volevo che scomparissero e per far ciò era importante che non diventassero caricature ma al contrario che fossero solo umani. Li ho trattati semplicemente come uomini. Volevo che il pubblico, indipendentemente dall’essere repubblicano o democratico, a favore o meno di uno dei presidenti, comprendesse il peso del mondo che questi uomini, come presidenti, si portano sulle spalle. Sono uomini che hanno fatto del loro meglio per servire il loro paese. Kennedy era sia buono che cattivo; Nixon era sia buono che cattivo. Ognuno è al contempo sia buono che cattivo. Ho provato a trasmettere questa idea in tutti i miei film, incluso questo con i Presidenti. Esiste una zona grigia in cui tutti noi viviamo ed è lì che si trova la magia quando si sta raccontando una storia.

C’è una scena che è stata decisamente impegnativa da girare o che è particolarmente degna di nota secondo lei?
C’è la scena in cui Oprah è seduta alla sua toeletta e si sta mettendo il rossetto… è ubriaca e vuole che il suo uomo faccia l’amore con lei. Ero molto nervoso all’idea di girare questa scena. Ho detto a me stesso “Come riesco a far sì che il mondo non la veda come Oprah? Lei è Oprah Winfrey! Come posso farla scomparire?” Nella scena lei parla di Jackie Kennedy e del gran numero di scarpe che possiede… è risentita e amareggiata che suo marito sia alla Casa Bianca a prendersi cura di Jackie invece di occuparsi di lei. Quando abbiamo iniziato a girare la scena ero terrorizzato perché temevo di doverla criticare, mi intimoriva. Eppure è stata fantastica, mi ha seguito rispettando le battute che avevo scritto per lei… è una delle mie scene preferite.

Ci sono stati momenti durante il film in cui si è sentito particolarmente vicino al soggetto?
Quando abbiamo girato la scena dell’autobus dei Freedom Riders ho realizzato cosa i miei genitori e i mie nonni avevano vissuto. Stavo girando la scena dall’autobus. Era caldo. Non c’era aria condizionata visto che stavamo utilizzando un autobus originale del periodo. Nel frattempo dovevo dirigere il KKK clan che era fuori dall’autobus. Vedevo questa feroce massa di centinaia di persone con indosso i vestiti del KKK e gridavo “Taglia!” ma loro non riuscivano a sentirmi e continuavano a venire verso l’autobus. Ed è in quel momento che ho realizzato improvvisamente come all’epoca si siano dovuti sentire quei ragazzi sugli autobus dei Freedom Riders.

Cosa desidera che rimanga al pubblico del film?
Dirigere questo film è la cosa più importante che abbia fatto nella mia carriera. Si tratta di un compito enorme affrontare un grande film storico e ti terrorizza perché, come regista, vuoi che tutto venga fatto con accuratezza. Spero che le persone escano dalla sala con il desiderio di non dimenticare ciò che è accaduto nel passato. Dobbiamo ricordare che ci sono persone che sono morte per il nostro paese e che ci sono eroi di cui non sempre si parla a scuola. Queste persone sono il motivo per cui oggi Obama ricopre la carica di Presidente.

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