CINEMA: Intervista a Samy Seghir protagonista del film “In solitario”

Come è stato scelto per essere il partner di François Cluzet nel film “In solitario”?

Ho fatto un casting e un giorno, mi ricordo che era il giorno del mio diciottesimo compleanno, Christophe Offenstein, il regista, mi ha lasciato un messaggio bellissimo sulla segreteria telefonica annunciandomi che ero stato scelto e che quello era il mio regalo di compleanno!

Quando le hanno spiegato che le riprese si sarebbero fatte su una barca a vela, in mare aperto, che ha pensato?

All’inizio ho avuto paura. Soprattutto quando mi hanno detto che saremmo partiti al mattino e avremmo trascorso tutta la giornata al largo. Ma la cosa che mi ha rassicurato è stata la maniera calorosa con cui tutta la troupe mi ha accolto. Si conoscevano tutti e ho avuto la sensazione di essere in una grande famiglia.

Quali sono state le sue impressioni sulla barca?

Avevo viaggiato su un piccolo catamarano, molto tempo fa, durante le vacanze. Ma questa era tutta un’altra cosa! All’inizio l’atmosfera mi era sembrata molto opprimente: il rumore delle onde che battono sullo scafo in carbonio, le vele che si muovono, tutto questo mi aveva molto impressionato. E allo stesso tempo c’erano dei momenti talmente magici, (la bellezza del paesaggio, i pesci volanti, durante le riprese abbiamo perfino visto dei delfini) che alla fine essere sulla barca mi è sembrato perfino piacevole.

Come è andato l’incontro con François Cluzet?

Ero molto in ansia. Ho visto praticamente tutti i suoi film, conosco la sua carriera, e per me è un gran signore. Ma mi dicevo che, siccome non abbiamo la stessa età, e sicuramente non condividiamo gli stessi interessi, passare due mesi in mare con lui sarebbe stato forse difficile. Invece, fin dal primo momento, mi ha fatto sentire a mio agio. È venuto a parlarmi, si è occupato di me quando ho avuto il mal di mare, è sempre stato molto premuroso.

Non è stato difficile interpretare il suo personaggio in condizioni tanto scomode?

Dato che l’adolescente che interpreto si è introdotto clandestinamente nella barca, non si sente mai veramente a suo agio. E il fatto che anch’io non è che mi sentissi proprio al mio posto, in particolare per il mal di mare, mi ha aiutato forse ad entrare meglio nel personaggio. Inoltre Christophe Offenstein si è sempre dimostrato molto aperto. Quando provavamo le scene a terra mi lasciava proporre delle cose e mi ascoltava come ascoltava François. Quanto a quest’ultimo, mi aiutato davvero tanto. Mi ha detto di lasciarmi andare, di recitare con naturalezza, perché è così che avrei trovato la verità. Ho imparato molto da lui. È stata una delle mie più belle esperienze nel cinema.

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