CINEMA: Intervista a Evangeline Lilly che interpreta Tauriel nel film “Lo Hobbit – La desolazione di Smaug”

Lo Hobbit – La desolazione di Smaug” è nelle sale… Potevamo farci sfuggire l’occasione di intervistare Evangeline Lilly? Assolutamente no! Ecco a voi l’intervista all’attrice che nella pellicola interpreta il ruolo di Tauriel.

Come sei stata coinvolta in “Lo Hobbit – La desolazione di Smaug”? Avevi letto il libro?

Sono stata in qualche modo catturata da questo progetto. Ero a letto, dopo aver avuto il mio primo bambino – proprio alla lettera – e ho ricevuto una chiamata in cui mi è stato detto, “Peter Jackson vorrebbe che tu interpretassi un elfo nel suo prossimo film sugli Hobbit. Ti dispiacerebbe sentire per telefono i suoi collaboratori e discutere l’eventualità?” La mia reazione è stata, “Caspita!” Pensavo che a quel punto della mia vita mi sarei ritirata dalle scene, stavo entrando nel momento della vita in cui ci si dedica alla maternità, e volevo cimentarmi con la scrittura. La mia attenzione si era distolta dalla recitazione. “Lo Hobbit” è stato il mio libro preferito quando ero un’adolescente. L’adattamento cinematografico di Peter Jackson de “Il Signore degli anelli” fa parte dei miei film preferiti. Inoltre ero una grande fan di J.R.R. Tolkien, la trilogia de “Il Signore degli anelli” e in generale di tutti i lavori di Tolkien. Quindi ho pensato “Cavolo devo farlo. Non posso dire di no, proprio non posso. Nonostante desideri dedicarmi ad altro, devo accettare questa opportunità”. Sapevo inoltre da diverse persone del settore che avevano lavorato con Peter e i suoi collaboratori che sono delle persone fantastiche. È meraviglioso lavorare con loro. Quindi ho accettato e mi hanno detto che volevano che interpretassi un elfo dei boschi. Gli elfi dei boschi sono i miei personaggi preferiti. Da bambina mi piaceva fantasticare e far finta di essere un elfo dei boschi. Non potevo dire di no. Mi è stato chiesto quando lavoravo a “Lost nel corso” degli anni, “Qual’è il ruolo dei tuoi sogni?” E io rispondevo “Non lo so, non ne ho uno in particolare.” Ma non sai di avere queste cose finché non ti vengono proposte. E poi ti viene da dire “Oh mio Dio, eccolo il ruolo dei miei sogni”. Non me ne ero resa conto, ma è davvero il ruolo dei miei sogni. Perciò quando il mio bambino aveva solo tre mesi, ho preso un volo per la Nuova Zelanda e ho iniziato ad allenarmi.

Hai preso un volo per la Nuova Zelanda con bebè a rimorchio?

(Ride, ndr.) Già, e lo allattavo tra una ripresa e l’altra. Avevo un costume che si allacciava come quelli medievali con i lacci davanti. Poi, una volta che toglievi quello strato, c’era l’allacciatura sulla schiena. Una volta che toglievi anche quello strato, c’era una cerniera davanti. Rimossa quella c’era un body. Dovevo allattarlo ogni tre ore, quindi lavoravo, poi correvo in camerino dove mi aspettavano le costumiste per strapparmi tutti questi strati di dosso. Così allattavo e poi mi rimettevo tutto addosso e tornavo frettolosamente sul set. È stato molto difficile. Il tempismo non è stato perfetto, ma forse alla fine è stato giusto così perché avevo i miei pensieri talmente focalizzati sulla maternità e il bambino che ero rilassata per tutto il resto. Voglio dire, far parte di questo franchising può essere estenuante. La pressione è tanta, ma la mia attenzione era concentrata altrove ed ero molto rilassata sul set e mi sono molto divertita. Non ci ho pensato più di tanto. E, come risultato, penso di aver dato una migliore interpretazione proprio perché ero così serena. È stato fantastico. (Ride, ndr.)

Il tuo personaggio, Tauriel, è un personaggio nuovo che non viene espressamente descritto nel libro. L’hai vista come un’opportunità di dare il tuo contributo al personaggio? E quali sono state le discussioni tra te e gli sceneggiatori?

Sì.  Sono stata molto fortunata proprio perché il mio personaggio era nuovo di zecca, quindi avevo molta libertà d’interpretazione. C’era anche molta libertà da parte degli sceneggiatori di coinvolgermi e chiedermi: “Come la vedresti, come vorresti interpretarla”. Non ho mai lavorato in una situazione in cui gli sceneggiatori collaborano così tanto con un attore. Il procedimento è stato molto intimo. Sono stata invitata a casa di Philippa Boyens per sedermi a tavolino con Peter Jackson, Fran Walsh, Philippa Boyens, e rivedere le pagine della sceneggiatura che andava completata con il mio contributo. E avevo facoltà di dire, “Penso che potrebbe fare così. E cosa ne pensate se facesse questo? No, sì?” È alquanto pressante la prima volta che dici a degli sceneggiatori vincitori del premio Oscar “non credo proprio”. (Ride, ndr.) Pensavo “Come ho potuto? È davvero inappropriato da parte mia!” Ma questa è la dimostrazione di quanto siano umili, aperti e collaborativi, al punto che erano disposti a sentire il mio parere. Perciò penso di essere stata in grado di trasmettere molte delle mie idee e sensazioni su Tauriel nel personaggio, e questo naturalmente è un’arma a doppio taglio. Perché se il mondo ne è a conoscenza, sarà molto arrabbiato con me se il personaggio non piace. Ma sono pronta ad affrontare le masse che mi vogliono far bruciare sul rogo. (Ride, ndr.). Quindi va bene così. Penso sia divertente.

Parlami di Tauriel?  Che tipo è? Cosa ti piace di lei?

Queste sono ottime domande complementari. Non saprei descriverla meglio se non dicendo questo: Tauriel è una donna di potere perché è a capo della Guardia si Elven, quindi è in una posizione di leadership. È una guerriera spietata, precisa e di talento. Falcia gli Orchi come se fossero fili d’erba. Ma ciò che mi piace di lei è che tutto questo in cuor mio non la rende una donna forte e un personaggio femminile dominante, perché non è una donna, lei è un elfo. (Ride, ndr.) È il motivo per cui combatte: per la verità e la giustizia. E quando vedo i film in cui le donne pigliano a calci i loro avversari, la loro aggressività sembra quella di una donna che imita un uomo. Penso sia controproducente per l’auto-affermazione femminile perché non credo che le donne debbano aspirare ad essere come gli uomini. Penso che le donne debbano aspirare ad essere le più incredibili e potenti versioni di loro stesse, che io personalmente ritengo passi attraverso le virtù femminili, quali la compassione, la grazia, l’amore, la bellezza e tutto ciò che rifulge dall’anima. Quindi quando penso a Tauriel, sono sempre titubante nell’interpretare una donna che va in giro ad uccidere perché non credo in quel genere di messaggio. Ma nel film “Lo Hobbit”, quasi ogni singolo personaggio maschile è mosso da desideri egoisti. Tauriel è una dei pochi personaggi nel film mossa dalla giustizia e dalla verità. È questo il motivo per cui combatte; ciò che la motiva: la sua compassione per i deboli, e i sofferenti; e il suo desiderio di combattere per la giustizia e la verità. Questo è ciò che mi piace di più di lei. Se devo pensare ad altri personaggi che condividono questa sua visione, i due che mi vengono in mente sono Gandalf e Galadriel. E penso “Sono in ottima compagnia”. Loro sono due dei miei personaggi preferiti della trilogia, e sono felice di combattere sul quel fronte, non sul fronte degli egoisti. (Ride, ndr.)

Qual è la reazione di Tauriel quando incontra i nani?  E questo come si rapporta alla reazione di Legolas e Thranduil quando li incontrano?

Tutti gli elfi dei boschi e gli elfi Silvan odiano i nani. Hanno una certa animosità , per via della vecchia rivalità. Ci sono state vicende di sangue tra il gruppo di Thorin e quello di Thranduli, da quando i seguaci di Thranduli hanno abbandonato il gruppo di Thorin nel momento in cui il drago aveva attaccato le loro case. Perciò c’è una grande ostilità tra questi due gruppi. Ma ciò che è meraviglioso è che Tauriel inizia a vedere — vorrei dire ‘umanità’ nei nani dal momento che sono esseri umani e io li ritengo tali — ciò che intendo è che lei inizia a intravedere che non sono poi così diversi. Ci sono una miriade di affinità tra esseri che posseggono quella consapevolezza e presenza di spirito che consideriamo come caratteristica umana riconducibile ad avere un’anima, o raziocino, o intelligenza. Tauriel si accorge, attraverso la gioia di vivere dei nani, oltre al loro sconsiderato abbandono, alcuni dei difetti della sua gente — il modo in cui sono ipercontrollati, strutturati, disciplinati. Penso che veda la vita e la bellezza, proprio nell’esuberanza dei nani e delle loro folli abitudini. Perciò alla fine sente molta più compassione nei loro confronti rispetto a quanto provino gli elfi maschili. Adoro questa sua dote perché ritengo che la compassione sia un’emozione che posso associare alla femminilità, anche se il mondo è pieno di uomini meravigliosi, splendidi e compassionevoli. L’istinto materno spesso scatena la nostra compassione. Perciò Tauriel cambia idea sui nani.

Com’è stato unirsi a quest’allegra banda di attori in Nuova Zelanda?

Meraviglioso. Mi piace immaginarci come una Compagnia d’attori del Commonwealth, dal momento che tutti noi veniamo da paesi del Commonwealth. L’Inghilterra, l’Irlanda, la Scozia, l’Australia, la Nuova Zelanda e il Canada. Io ero l’unica rappresentante del Canada. Abbiamo tutti lavorato per film americani dove si beveva caffè e coca cola, in questo caso bevevamo il tè. Avevamo l’affinità dell’appartenenza che ci ha reso uniti dal principio. Io sono arrivata dopo un periodo in cui gli altri avevano girato assieme da molto tempo, quindi ero la nuova arrivata. Sarebbe stato facile sentirmi fuori dal gruppo, ma non è stato così nemmeno per un istante. Penso che in qualche modo i ragazzi abbiano avuta la sensazione del tipo “Oh mio Dio, finalmente una donna”. Quindi in un certo modo sono partita avvantaggiata, erano grati di avere una femmina sul set che sorridesse, ridacchiasse e facesse tutte le cose che fanno le ragazze. È stato meraviglioso. Per prima cosa ho lavorato con gli elfi e gli umani. A dire il vero non ho lavorato molto con i nani. E sono stata molto fortunata perché avevo delle scene con i bambini di Bard e adoro lavorare con i bambini. È ciò che preferisco di più. Penso si davvero divertente. Mi viene da pensare “Che lavoro faccio? Ah sì gioco all’allegra famiglia”. È ciò che faccio, ed è divertente, dolce, facile e semplice, i bambini non ci pensano e non complicano le cose. Questa è stata una delle cose più belle per me, durante le riprese.

Come è stato per te lavorare con Peter Jackson? 

Peter è il tipo di regista che preferisco perché non si prende troppo sul serio. Ha una formazione nel genere horror, e i primi film li ha girati nel cortile di casa sua, è così che ha iniziato a fare cinema. E continua ad avere lo stesso approccio, grazie al cielo, non è diventato uno di quei guru del cinema che credono di fare spuntare  il sole e la luna a loro piacimento. Vuole sempre ridere. Vuole sempre fare il burlone. È molto umile e dolce. Per qualche motivo mi sento sempre in soggezione quando sono su un set. Sorprendentemente, è una mia caratteristica di cui non mi capacito. Penso sia dovuto al fatto che devo rendermi vulnerabile. Nella vita non mi sento affatto così. Ma nel momento in cui metto piede su un set, se un regista è molto, molto serioso, o duro, o puntiglioso sento che mi blocco nell’interpretare il mio personaggio. Sono alla ricerca di quella naturalezza serena e improvvisamente sparisce, non riesco a trovarla ed è una sensazione orribile: ecco non ho mai avuto quella sensazione con Peter. Mi è sempre stato d’aiuto, è davvero tranquillo, splendido. Per di più ha i migliori lobi delle orecchie del settore; potrei sfregarli tutto il giorno. Lo adoro. È stato un piacere lavorare con lui. Una vera delizia.

Stai lavorando a qualcos’altro in contemporanea al film?

Sì.  Ho scritto un libro chiamato “The Squickerwonkers”, e rappresenta in qualche modo la mia piena realizzazione in questo momento della mia vita, visto che è da tanto che volevo fare la scrittrice, e finalmente il mio sogno sta diventando realtà. Questo, è il mio primo libro per bambini, spero il primo di una lunga serie.

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