Olanda: il box “fai da te” per partorire in casa

Se da una parte i medici in Italia sconsigliano il parto in casa, sottolineando che vi sono numerosi pericoli per la salute del bambino e la partoriente, in Olanda invece il sistema sanitario spedisce un mese prima della fine del tempo, al domicilio dei futuri genitori, un kit per il “parto fai da te” con tutto l’occorrente per partorire a casa.
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All’interno della scatola vi sono garze, lenzuola di plastica, pannoloni, gel disinfettante per le mani, assorbenti materni, detersivo delicato per i panni, ovatta e un pupazzo bianco per il bébé con una luce. Nessun farmaco o dispositivo medico. Successivamente, un’ostetrica e una puericultrice e un operatore sanitario si occuperanno di seguire i bambini fino ai sei anni e di aiutare la donna durante il parto e nei giorni successivi.

I futuri genitori sono liberi di scegliere fino alla fine di andare in ospedale e in tal caso il kit viene devoluto ad una onlus che opera in Africa. Anche nel caso di un parto in ospedale, salvo complicazioni, dopo sei ore dal parto, la mamma e il neonato vengono dimessi.

Il sistema sanitario olandese che si basa sul sistema delle assicurazioni e costa circa 70-80 euro al mese mira ad abbassare la medicalizzazione agevolando anche misure come il parto a casa.

“La box arriva a tutti quelli che hanno un’assicurazione sanitaria, obbligatoria per chi vive qui, se poi si decide di andare in ospedale il pacco viene donato ad una onlus che opera in Africa. Siamo agli antipodi dell’Italia, la filosofia del parto naturale a casa è radicata nella cultura olandese da anni. L’ospedale e i medici solo quando è strettamente necessario”, ha riferito un giovane papà italiano che vive in Olanda da oltre 10 anni.

“Si sentono molte storie qui ad Amsterdam sui parti a casa, alcune positive altre meno. Ma c’è un approccio diverso verso questo momento così delicato e importante per i genitori e il piccolo che verrà alla luce: sono più spartani e la rete di assistenza è più funzionale e meno sensibile a certe attenzioni o comodità a cui noi italiani siamo abituati”, ha poi aggiunto il giovane padre.

Parto in caso sconsigliato in Italia

Lo scorso 22 febbraio, dopo il caso della neonata morta in ambulanza tra Catania e Ragusa, Paolo Scollo, presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo) ha dichiarato che “non siamo contrari al parto a domicilio e non abbiamo ideologie da difendere, ma servono regole certe e condivise che garantiscano la sicurezza della paziente e del medico. Oggi in Italia non ci sono”.
“Chi sceglie se la partoriente ha i requisiti o è da escludere? Dovrebbe essere il ginecologo, ma non è sempre così, spesso è la donna stessa che prende questa decisione senza consultarsi con il medico”, ha poi aggiunto Scollo riferendo che i dati dei parti in casa in Europa, nascondono qualche bugia.
Infatti, Scollo ha riferito ad Adnkronos che “un collega della Danimarca gli aveva inviato una lettera che certifica con ricerche e statistiche che la loro percentuale di parti a casa è del 5-6% e non del 20-30% come si pensava. Ma soprattutto c’è un aumento delle gravidanze a rischio. Nei prossimi giorni mi confronterò anche con i colleghi olandesi”.
“Al momento non mi pare sia all’ordine del giorno del ministero della Salute di mettere le varie figure professionali interessate intorno ad un tavolo per discutere le regole. Se ci fosse questa volontà noi saremmo ben lieti di partecipare2, aveva poi concluso Scollo.
Mentre secondo le Linee Guida per l’Assistenza al parto a domicilio dell’Associazione nazionale ostetriche parto a domicilio e casa maternità viene indicato che “solo le donne definite a basso rischio possono partorire in casa con assoluta sicurezza, devono arrivare a termine della gravidanza in buona salute (con una pressione normale, e un’anemia fisiologica) il bambino deve essere cresciuto bene ed essere in presentazione cefalica, infine il travaglio deve iniziare spontaneamente. Le ostetriche operano sempre in due e l’ospedale non deve essere lontano più di 30-40 minuti dalla casa”.

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