CINEMA: Intervista a Carlo Zoratti, regista del film “The Special Need”

THE SPECIAL NEED- locandinaEnea ha trent’anni, un lavoro e una necessità speciale: fare (finalmente) l’amore. Un’impresa non facile per un ragazzo autistico, se non fosse che Enea ha anche due amici, Carlo e Alex, fermamente decisi ad aiutarlo. Basteranno un piccolo viaggio e una grande complicità tutta maschile per creare le giuste condizioni?

The Special Need” è il primo lungometraggio del regista udinese Carlo Zoratti. Si tratta di un road movie, tanto insolito quanto sorridente, che indaga sul tema del sesso, dell’amicizia e della disabilità… Già premiato ai festival di Lipsia e Trieste, “The Special Need” è prodotto da Videomante e Detailfilm, in coproduzione con ZDF e con il sostegno del Fondo per l’Audiovisivo del Friuli Venezia Giulia e di Rai 3. Ecco a voi un’intervista a Carlo Zoratti di Gianmatteo Pellizzari.

Il film verrà proiettato come speciale al cinema il primo e il 2 aprile. Per scoprire in quale sala, potete consultare il sito ufficiale: www.thespecialneed.com

Sessualità e disabilità: il tema di fondo è così forte, così ingombrante, che molti spettatori non riusciranno a vedere tutto il resto. Non vedranno che “The Special Need”, fondamentalmente, parla di amicizia e di relazioni emotive.

È proprio l’amicizia che, in alcuni casi, ha disorientato il pubblico dei focus group: testando le reazioni al film, ho notato che spesso risultava strano un rapporto come quello fra me, Alex ed Enea. Risultava strano che un ragazzo autistico avesse attorno a sé non solo i familiari e i terapisti, ma degli amici, con tutte le dinamiche che l’amicizia comporta. Ora: non so perché ci si immagini un orizzonte quotidiano tanto chiuso, ma so che il rapporto fra me, Alex ed Enea è l’anima autentica del film. Il suo motore, la sua scintilla. E non ho sentito il bisogno di spiegare agli spettatori, magari con una voce fuori campo, tutto ciò che sta a monte della prima inquadratura. Da quando un’amicizia va spiegata?

Un’amicizia di vecchia data?

Conosco Enea da quando abbiamo quindici anni. Mi piacerebbe poterti raccontare che ci siamo incontrati in seguito a una scelta nobile, una profonda vocazione per il sociale, ma la verità è che volevo rimorchiare una ragazza! Parliamoci chiaro: all’epoca frequentavo un istituto tecnico, dove il 99% degli iscritti era di sesso maschile, portavo i capelli lunghi fino alle spalle e suonavo in una band metallara. Quante possibilità avevo di trovare una morosa? Così, assieme ad un amico, mi sono chiesto: «Dov’è che possiamo rimorchiare senza avere concorrenti?». E lui, trafitto da un colpo di genio: «In un’associazione per disabili! Le volontarie sono sempre ragazze!». È lì che ho conosciuto Enea: mi ha colpito subito, c’è stata un’intesa praticamente immediata. Il resto è venuto da sé. E la mia prima morosa, poi, l’ho davvero trovata fra le quattro mura dell’associazione! Ci tengo a sottolinearlo.

Università e lavoro ti hanno portato fuori dal Friuli: come ha vissuto Enea questa “interruzione”? E come avete riallacciato i fili?

Il contatto, in qualche modo, non si è mai spezzato, anche se la distanza ha colpito me più di quanto non abbia colpito Enea: me ne sono reso conto appena l’ho rivisto. Ero partito lasciando un ragazzino, o quantomeno l’immagine di un ragazzino, e dopo quattro anni ho abbracciato un uomo. Un giovane uomo che si era pure fatto crescere un po’ di barba! The Special Need, a tutti gli effetti, è nato in quell’istante. Dal corto circuito fra l’Enea che ricordavo e l’Enea che, nel frattempo, era “andato avanti”. Io, appunto, avevo accumulato una lunga serie di esperienze. Didattiche, professionali, sentimentali. E lui? Quali esperienze aveva accumulato, lui? Il passaggio dalla mia curiosità personale al desiderio di tradurla in racconto è stato assolutamente naturale.

A proposito di naturalezza: è solo un’impressione “da spettatore” o davvero la macchina da presa non ha intimidito Enea?

Per intimidire Enea ci vuole ben altro che una macchina da presa! Il signorino, durante l’anno e mezzo di lavorazione, si è semplicemente goduto l’avventura: tutta la fatica è toccata a noi, così come tutta la responsabilità. Del resto, possiamo dargli torto? In viaggio con gli amici a fare cazzate, a conoscere ragazze, a sbirciare nuovi panorami fuori dal finestrino, trovandosi costantemente al centro dell’attenzione… L’entusiasmo di Enea ci ha ripagati di ogni singolo sforzo, e di ogni singola preoccupazione, specie quando si è impadronito del set e ha “dettato legge”: Un lavoro che ha preso forma settimana dopo settimana, per non dire minuto dopo minuto, simultaneamente alle emozioni e alla progressiva consapevolezza di Enea.

Consapevolezza del meccanismo cinematografico?

Sì, anche, ma prima di tutto consapevolezza di se stesso. Infatti Enea, ogni volta che proiettiamo pubblicamente il film, lo vuole rivedere. Dice che gli piace stare in sala per «sentire la gente che ride». Gli piace perché, attraverso le reazioni del pubblico, capisce di essere divertente. Intuisce che anche la sua vita può essere importante e affascinante. Una vita dove la diversità non soffoca – o non inquina – necessariamente la normalità.

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