CINEMA: John Turturro in “Gigolò per caso”… a Roma!

GIGOLO_manifesto SAC“Sicuramente, per pensare questo personaggio mi sono ispirato a diversi amici molto bravi a fare le cose con le mani, perché volevo che presentasse questa caratteristica, ma anche che fosse a suo agio con le donne. Purtroppo, esistono uomini a cui piace il sesso, ma che non si trovano molto bene con le donne e preferiscono trascorrere il tempo tra di loro”.

Regista, tra l’altro, di “Mac” (1992) e “Illuminata” (1998), l’attore newyorkese classe 1957 John Turturro sintetizza così alla stampa romana la genesi del protagonista che interpreta in “Gigolò per caso” (2013), sua ultima fatica dietro la macchina da presa: Fioravante, individuo economicamente precario che, per sbarcare il lunario, decide di cimentarsi con l’attività di gigolò usando il nome d’arte Virgil, mentre a fargli da manager provvede il vecchio amico Murray, cui concede anima e corpo Woody Allen.

Del resto, tra divertenti battute riguardanti il Fascismo e la bocca di Mick Jagger, se nel corso della prima parte della circa ora e mezza di visione si prova l’impressione di trovarsi proprio dinanzi ad una pellicola diretta dall’autore di “Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso ma non avete mai osato chiedere” (1972) e “Hannah e le sue sorelle” (1986), ciò viene in parte smentito dalle parole del regista: “Io scrivevo qualcosa e la mandavo a Woody, che mi dava un feedback, a volte con critiche terribili, ma la sceneggiatura del film è curata da me; comunque, dirigerlo è stato facilissimo, ci siamo soltanto dovuti conoscere un po’ all’inizio, poi davo l’azione e lui recitava”.

Sono invece la veterana Sharon Stone e la Sofia Vergara di “Machete kills” (2013) ad incarnare due avvenenti signore alla ricerca di emozioni forti con cui Fioravante intraprende un ménage a trois e delle quali Turturro – che non dimentica neppure di precisare che la prostituzione è qui usata come metafora della necessità di avere un contatto umano – spiega: “Inizialmente, nel film erano previsti più ruoli femminili, ma oggi, nel cinema, non è molto frequente averne di interessanti; comunque, il personaggio di Sofia è ispirato a una mia amica, mentre Sharon credo sia la prima volta che paghi per fare sesso”.

Ed è Vanessa Paradis a vestire i panni della vedova di un rispettato rabbino rimasta sola con i figli e che, oltre a suscitare sentimenti nel simpatico seduttore, alimenta non poco la gelosia di Dovi alias Liev Schreiber, innamorato di lei fin da quando era ragazzo.

Man mano che l’insieme prende una piega non molto distante da quella di determinati lavori di Joel ed Ethan Coen, lasciando notare, allo stesso tempo, il giusto uso delle musiche già sfoggiato in “Romance & cigarettes” (2006) e “Passione” (2010) dal caro vecchio John, che, non a caso, conferma: “Sicuramente, abbiamo scritto gran parte del film ascoltando musica, tra cui Dalida, quindi, essa è stata parte del processo creativo”.

Anche se, in fin dei conti, si rimane dalle parti di un’operazione senza infamia e senza lode… da vedere, magari, prima di assistere alla prova turturriana al servizio di Nanni Moretti per “Mia madre”, in buona parte del quale reciterà in lingua italiana.

Francesco Lomuscio

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