LIBRI: ‘Fratello Kemal’

rsz_1rsz_fratello_kemal_2“Mi chiamo Kayankaya e ho la faccia che ho. Non so quanto mi si possa considerare musulmano secondo il diritto ecclesiastico, ma se chiede a uno qualunque dei miei vicini, non avrà dubbi.”
Jakob Arjouni
FRATELLO KEMAL
traduzione di Gina Maneri
Gli alianti, 256 pagine, 15,00 euro
in libreria dal 27 marzo
Si chiamava Jakob Bothe, ma ha scelto di darsi un cognome turco, Arjouni, in omaggio ai turchi che spazzavano le strade di Francoforte, e che i tedeschi di sinistra consideravano “spazzini buoni” e i tedeschi di destra “spazzini cattivi”.
Ha amato Chandler e Simenon: il suo eroe è il detective privato Kemal Kayankaya, turco con passaporto tedesco, e brilla di luce propria.
Del resto a vent’anni Arjouni aveva già inventato un genere, l’etno-thriller.
Il suo primo romanzo con Kemal Kayankaya gli ha portato un successo clamoroso.
Da allora solo con Kemal Kayankaya ne ha scritti cinque, tradotti sistematicamente in ventitré paesi.
Fratello Kemal – amabilmente scanzonato, intelligente e pieno di vita – è l’ultimo della serie, perché Arjouni l’ha scritto proprio prima di andarsene troppo presto, a quarantanove anni, nel gennaio 2013.
Parla di sfruttatori di minorenni, musulmani alla Fiera del libro di Francoforte, figli amati e sognati.
È un romanzo che si legge al volo, e fa sempre sorridere, anche quando graffia, e graffia sul serio.
“La fiera non era l’inferno, ma aveva un po’ lo stesso odore. Negli enormi padiglioni si stipavano, distribuiti su più livelli ciascuno delle dimensioni di due campi da calcio, milioni di stand di case editrici, stretti uno all’altro. Una fiumana di gente sudata, poco lavata, alticcia o reduce da una sbronza, cosparsa di profumi e gel per capelli, sciamava senza posa negli stand e nei corridoi, sulle scale mobili e nelle toilette, attraverso le grandi porte d’ingresso.”
The Guardian lo definisce “magnifico”; Publishers Weekly dice che mette voglia di leggere o rileggere tutti i romanzi precedenti.
El País ricorda che Arjouni era molto amato da Manuel Vázquez Montalban; Die Zeit dice che ha il dono raro di combinare umorismo leggero e profonda critica sociale.
Insomma, Fratello Kemal è un bellissimo dono che Jakob Arjouni ci ha lasciato.
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