CINEMA: Intervista a Serena Autieri, protagonista del film “Sapore di te”

serena_autieri_2Il grande successo di “Sapore di mare” nel 1983, ambientato negli anni ’60 rilanciò quegli anni e la colonna sonora di quell’epoca allegra e disincantata. Dopo esattamente trent’anni i Vanzina tornano a Forte dei Marmi per rilanciare gli anni ’80. Anni pieni di allegria e di canzoni altrettanto mitiche di quelle degli anni ’60. Attraverso il racconto di due estati (quelle del 1983 e del 1984) il film “Sapore di te” illustra uno spaccato della società italiana di allora. Ce ne parla Serena Autieri, che fa parte del cast della pellicola.

Come è stata coinvolta in questo film?
Negli ultimi tempi io e i fratelli Vanzina ci siamo sempre un po’ “rincorsi”. Mi avevano proposto spesso dei progetti interessanti ma non eravamo mai riusciti ad incontrarci prima di questa occasione. Dopo questa magnifica esperienza penso che sia un grande privilegio lavorare con i fratelli Vanzina, perchè questi due fantastici ed espertissimi veterani della commedia danno vita ad una squadra perfetta, e puoi essere tranquillo sul risultato che porterai a casa. Il copione di “Sapore di te” mi ha riportato alle loro prime commedie corali sentimentali di grande successo come “Sapore di mare”, che avevo visto ed apprezzato da ragazzina e che rivedo ogni volta in tv con grande piacere. Quando ho letto la sceneggiatura l’ho trovata pulita, ricca di buoni sentimenti, capaci di arrivare dritti al cuore con l’emozione.

49923Chi è il personaggio che lei interpreta, che cosa le accade in scena?
Si chiama Susy Acampora, è una tipica ragazza del Sud, soubrette tv di “Drive in”, che vuole assolutamente diventare famosa senza avere nessun talento e pensa di approfittare di qualche scorciatoia. A un certo punto del suo rapporto con Piero De Marco, il politico interpretato da Salemme, Susy si rende conto di essere sedotta, abbandonata e ingannata: decide allora di lasciare la carriera artistica che sognava e puntare sulla famiglia, cercando una stabilità.

Come ha affrontato il suo ruolo?
La ragazza che interpreto è piuttosto sopra le righe, ma mi piace molto perché rivela risvolti umani inaspettati. Adoro e mi diverto moltissimo ad interpretare donne diverse da me, che mi portano fuori dalle mie abitudini. Susy è una donna semplice e schietta che proviene da una normale famiglia del Sud. Può sembrare un po’svampita e stupida, ma al momento giusto è in grado di tirare fuori grinta e determinazione da vendere. Il suo essere femmina rivela una doppia personalità molto interessante.

Che tipo di intesa si è creata in scena con Vincenzo Salemme?
È un attore che stimo tanto da sempre, l’avevo visto ed apprezzato spesso in teatro e adesso dopo averlo conosciuto da vicino ho capito meglio quanto le sue origini teatrali gli permettano di avere una marcia in più, soprattutto per quello che riguarda l’improvvisazione in scena. E poi frequentandolo per molte sere piacevolmente a cena ho conosciuto una gran persona, ho scoperto un uomo eccezionale, di grandi sentimenti e di grande umiltà: quel genere di persona che speri di non perdere mai più di vista. Ma questo nostro set è stato costellato di tanti incontri piacevoli: ad esempio con Martina Stella – e le nostre bimbe piccole – abbiamo solidarizzato e “fraternizzato” moltissimo. E poi ho avuto la fortuna di incontrare altre persone piacevoli come Giorgio Pasotti e Nancy Brilli, che trovo straordinaria sia come donna che come attrice.

Gli anni ’80 hanno rappresentato secondo lei un’epoca in cui le ragazze iniziavano ad usare quelle scorciatoie per la carriera diventate poi sempre più frequenti?
In quegli anni l’Italia viveva un momento socio- economico molto positivo, si riusciva ad intravedere uno spiraglio di benessere, un futuro benevolo e florido, c’era una certa spensieratezza che ti permetteva di godere tutti i momenti felici a disposizione mentre oggi invece respiriamo un’aria pesante, mancano le grandi prospettive, e il malcontento e la depressione diffusi si riflettono in tutto, anche nelle storie che portano in scena il nostro presente, la nostra attualità. In fondo in questo film abbiamo raccontato una vicenda simile a quelle di 30 anni fa in cui si può respirare il clima solare di quegli anni ’80 e in questo senso Forte dei Marmi si è confermata una cornice perfetta. Appena arrivati sul set ci sembrava di essere “caduti” in quel tipo di film, ci è accaduto qualcosa di simile a quello che si prova a teatro quando si indossa l’abito di scena e ci si sente già nel personaggio: io e tutti gli altri attori abbiamo respirato subito il clima giusto e abbiamo giocato la nostra partita con grande serenità.

Lei si trova più a suo agio con la commedia o si sente in grado di interpretare qualsiasi tipo di ruolo?
Arrivare a recitare la commedia per me ha rappresentato una conquista, provenendo dal teatro drammatico: alla commedia mi sono avvicinata col tempo, e arrivare a far ridere o semplicemente a far sorridere non è stato semplice, soprattutto perché ero una donna. È un genere che mi diverte molto e in cui mi sento molto a mio agio. Ben vengano le grandi storie e i grandi registi che ti permettono di crescere.

Quali sono secondo lei le qualità principali di Carlo Vanzina?
Quando abbiamo concluso le riprese di questo film ho detto a Carlo che avendolo conosciuto sarebbe stato difficile in futuro per me tornare a lavorare con altri registi. Lui fa sentire gli attori sempre a loro agio, li vizia e li coccola, è sicuro di sé, piacevole, rilassato e di buonumore; è un regista di grande esperienza e se ti sceglie lo fa perché si fida di te; sentire la stima di un regista ti permette di recitare sempre con serenità e divertimento. Ma vorrei ricordare con affetto e gratitudine anche l’apporto fondamentale di Enrico Vanzina, che negli incontri preliminari che hanno preceduto le riprese, quando ha scoperto che sapevo cantare si è seduto spesso al pianoforte lasciandosi trasportare dalla musica.

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